L’8 gennaio del 1947 nasce David Bowie, lo “Starman”, che si è congedato da noi e dal nostro mondo il 10 gennaio del 2016, ovvero due giorni dopo aver compiuto 69 anni. Il “Duca Bianco” è stato probabilmente, se si parla di musica, il più grande “assemblatore” di sempre, un artista incredibile e in continua trasformazione, un genio assoluto guidato dalla curiosità e dall’ambizione di sperimentare e mescolare i vari aspetti della musica e dell’arte in generale, un vero e proprio “alieno”, come il suo alter ego Ziggy Stardust. Ma soprattutto è sempre stato un artista capace di reinventarsi continuamente in ogni senso, anche dopo 50 anni di carriera, come testimonia il suo ultimo album, BLACKSTAR, uscito proprio nel giorno del suo 69° compleanno. Un lavoro geniale, incredibile, anticipato un paio di mesi prima da un singolo e da un video scioccanti, epici, e maestosi. Soltanto dopo la sua morte abbiamo capito cosa ha significato per lui far uscire “Blackstar”, con i suoi messaggi, e pensiamo soprattutto alla sua corsa contro il tempo, contro un avversario che non gli dava speranze di vittoria, e che l’ha sconfitto dopo 18 mesi di lotta. E’ davvero difficile descrivere in poche righe tutto ciò che quest’ artista ha creato, ispirato e rappresentato, attraversando cinque decenni della musica rock, e reinventando nel tempo continuamente il suo stile, la sua immagine, e creandosi svariati alter ego. Bowie inoltre è colui che ha risollevato le sorti di artisti che stavano attraversando una fase di stallo nella loro carriera, come Lou Reed, Iggy Pop, e i Mott The Hoople. Un vero Re Mida, che trasformava in oro tutto quello che toccava. Polistrumentista, compositore, attore, mimo, pittore, è con lui che si diffonde il concetto di “art rock”, ovvero di un rock che assorbe e unisce il teatro, il travestimento, il pop e la Pop Art, il glam, il Decadentismo, la letteratura alta e la fantascienza, la psichedelia e la filosofia, e l’idea del concept. E’ con lui che si fondono la modernità e il barocco, il drammatico e il melodramma, l’androginia e la provocazione, il terreno e il mistico, il gotico e l’elettronica tedesca, i muri del trasformismo e quelli più alti da abbattere: quelli della stupidità umana. E il modo con il quale ci lascia è l’ennesimo colpo di teatro: il musical Lazarus, il disco appena uscito, quasi listato a lutto, il video che lo mostra in un letto d’ospedale. Solo lui poteva uscire di scena così.