SIBERIA – INTERVISTA ALLA BAND
I SIBERIA ci parlano del loro terzo album “Tutti amiamo senza fine“, che uscirà il prossimo 29 novembre per Sugar Music/Maciste Dischi
I Siberia nascono nel 2014 a Livorno, prendono il nome dall’immaginario evocato dal libro di Nicolai Lilin “Educazione siberiana”. Nel 2016 pubblicano il disco d’esordio “In un sogno è la mia patria” (Maciste Dischi). L’album si presenta come profondamente intimista, seppur energico e aggressivo. In una parola “urgente”.
Subito dopo l’uscita del disco, la band parte in tour che li porta a suonare in tutta Italia con un notevole successo di pubblico. A febbraio 2018 esce “Si vuole scappare” (Maciste Dischi) il secondo album.
Il disco, prodotto da Federico Nardelli, è un lavoro dark pop e rappresenta il connubio più onesto tra lʼesasperazione new wave e la dolcezza del cantautorato italiano. Lo spleen post-adolescenziale, gli psicofarmaci, l’ebbrezza, le relazioni.
Di fronte al nulla e alla precarietà, proprio nel momento in cui si stanno mettendo stabili radici, ci si fa prendere dalla voglia di scappare, di sfuggire e di sfuggirsi. Anche per il secondo disco, i Siberia portano in tour tutta la loro irruenza romantica nel live, in giro per i club.
Il 16 giugno suonano al Firenze Rocks come opening act del concerto dei The Cure. A fine 2018 Sugar firma in esclusiva un accordo discografico ed editoriale con la band. L’accordo di collaborazione prevede inoltre la condivisione strategica e imprenditoriale con Maciste Dischi. Da questa nuova collaborazione nasce “Tutti amiamo senza fine”, il terzo album dei Siberia, in uscita il 29 novembre 2019.
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Avete da poco lanciato il vostro terzo album “Tutti amiamo senza fine”. L’amore sopra la morte, una visione della società moderna con i suoi difetti. A quale “fine” vi riferite”?
Ad una fine che non è solo quella fisica ma soprattutto la completa disumanizzazione. Riteniamo che l’amore sia il sentimento più inalienabile per l’essere umano. Proprio per questo, in un’epoca di fortissimo spaesamento e di compenetrazione sempre più massiccia tra la tecnologia e la natura umana, ci è sembrato necessario affrontare questa tematica, pur consci del forte rischio di banalità che vi si celava.
11 brani, 11 canzoni o un concept album?
Senz’altro prima di tutto undici canzoni. Ci siamo resi conto solo a posteriori dell’identità tematica che caratterizzava i nuovi brani, nata soprattutto dal tanto tempo trascorso insieme, a confrontarsi ma anche semplicemente a vivere la nostra età. Crediamo che proprio questo abbia fatto sì che l’amore abbia trovato un posto così centrale nella nostra poetica: il vivere da ragazzi fra i 25 e i 28 anni, quindi da persone in qualche modo alla ricerca di questo sentimento. Una volta accertata questa predominanza del tema dell’amore abbiamo comunque trovato una giusta cornice attraverso la title-track, che a nostro avviso sintetizza bene i vari episodi del disco e ne fornisce una chiave di lettura.
Sia nei testi, sia nella copertina, c’è quasi sempre una figura femminile. Che volete rappresentare nella copertina con quella “lingua segue il solco”?
Intanto ti ringrazio perché non mi ero reso conto della presenza così forte della donna anche nelle nostre copertine – era ritratta una donna anche nel nostro primissimo EP! Questo credo voglia dire che attraverso la donna c’è sempre la possibilità di entrare in contatto con l’altro, e che essa può essere un tramite per cambiare e al tempo stesso conoscersi meglio. Purtroppo non solo in positivo: in “Tutti amiamo senza fine” abbiamo voluto inserire un riferimento rapido ma significativo anche al tema della violenza sulla donna, proprio nella title track. Questo perché ci preme sottolineare che l’incontro con l’amore è inevitabile, ma poi sta a noi usare questo sentimento per crescere, e non farlo marcire fino a tramutarlo nel suo opposto.
Parlando del secondo brano, “Ian Curtis” dei Joy Division, suppongo. Ti senti vicino a questo personaggio?
Senz’altro è un personaggio che ha segnato le nostre vite da adolescenti, e come tutto ciò che si assorbe durante quell’età sappiamo per certo che la sua poetica continuerà ad influenzarci per sempre. Va inoltre aggiunto che Curtis aveva una forte componente intellettuale, spesso tralasciata in quanto soverchiata nell’immaginario collettivo dagli elementi più spettacolari quali le crisi epilettiche o il drammatico epilogo della sua esistenza. Ciò nonostante, credo che la musica dei Siberia abbia un contenuto più luminoso rispetto a quella dei Joy Division: la speranza vi risuona in maniera più esplicita, e l’oscurità è più volte rotta da raggi di spensieratezza e quotidianità.
Cosa credete sia cambiato in voi ultimamente nel paesaggio musicale livornese ed italiano in generale, dopo questo album?
Credo che ciò che possiamo portare sia un primo livello di approfondimento per chi ama ascoltare la musica pop. Abbiamo cercato di essere fruibili, di lavorare sul nostro peggior difetto, cioè quello di essere talvolta un po’ “letterari” non sempre nel senso positivo del termine. L’idea è che chi cerca qualcosa di immediato possa approcciarsi al nostro lavoro ma che esso possa essere da ponte per avvicinarsi ad una musica anche più colta della nostra.
Uno stile il vostro (è la prima volta che vi ascolto!) che mi riporta a Joy Division e Baustelle, ma avete avuto la bravura di scriverVi in italiano. E’capitato, qualche volta, di averci ripensato in questi anni?
No, mai. L’italiano è la nostra lingua e, per quanto certo sarebbe bello provare a proporci al pubblico internazionale, non riusciremmo ad esprimerci con lo stesso livello di precisione e con le stesse sfumature in un’altra lingua (sebbene ognuno di noi parli discretamente almeno un altro idioma). Inoltre ci piace l’idea di poter parlare ai nostri simili più prossimi, e per quanto certo la nostra musica non tratti strettamente di attualità, è sicuramente figlia di un humus molto italiano.
Descriveteci, brevemente, come nascono i vostri brani: prima musica o i testi?
Ti rispondiamo in maniera sleale: dipende! Molte volte però ci troviamo a partire da un frammento unitario, cioè una frase che si porta già dietro una melodia, o viceversa, su cui poi può con calma essere costruita intorno la canzone vera e propria. Va inoltre detto che in questo disco le penne sono più d’una, e in tre casi c’è stata una vera e propria co-scrittura: gli autori in gioco nell’album nel suo complesso sono Eugenio Sournia, Cristiano Sbolci e Alessandra Flora.
“My love”, “Mon Amour”, manca “Amore mio”. Coincidenza?
Direi di sì, anche perché la vena più “italiana” della nostra musica permea forse più che in passato tutto il disco. Cristiano ha scritto entrambi i brani in esame: credo che volesse riferirsi a due tipi di amore molto diversi, e proprio per questo ha utilizzato due lingue un po’ all’opposto, come lo sono tipicamente l’inglese ed il francese. C’è da dire che in generale ci piace molto inserire dei frammenti in altri idiomi nelle nostre canzoni: è divertente, aiuta a tenere alta l’attenzione dell’ascoltatore e consente di ampliare le sfumature a disposizione di chi scrive.
Che importanza ha per voi la dimensione del live?
Certamente per una band che si rispetti il live resta una priorità assoluta, quindi la nostra ambizione è quella di riuscire a portare i nostri ascoltatori ai concerti attraverso una particolare attenzione a questa dimensione. Questo speriamo di ottenerlo sì riproducendo degnamente l’esperienza del disco, ma anche andandola a contaminare con una maggiore energia e “sporcizia” del suono, che trasmettano con efficacia l’idea che sul palco si sta effettivamente suonando dal vivo, una cosa che forse non è più così scontata al giorno d’oggi.
Come proseguirà il tour e dove presenterete questo nuovo album?
Le prime date che annunceremo saranno Livorno, Milano (Ohibò), Roma (Monk), Torino (Hiroshima Mon Amour), Modena (Off) e Firenze (Glue); ci tenevamo a presentare la nostra fatica a Livorno perché ospita il the Cage, un club di assoluto livello e che negli anni ha fatto da cornice alle prime date dei nostri dischi, così da consolidare questa nostra piccola tradizione. In generale la dimensione del club è per adesso quella in cui sentiamo che la nostra musica possa dare il meglio di sé nella cornice live.
ALESSANDRO LONOCE
Credits: Si ringrazia i SIBERIA per la disponibilità e MA9PROMOTION per la concessione.
I Siberia partiranno a febbraio con un nuovo tour nei club. Il tour è organizzato da Locusta Booking, di seguito le prime date confermate:
15 febbraio 2020 Livorno – The Cage
19 febbraio 2020 Milano – Ohibò
22 febbraio 2020 Roma – Monk
12 marzo 2020 Torino – Hiroshima Mon Amour
14 marzo 2020 Modena – Off
28 marzo 2020 Firenze – Glue
Informatico di professione, fotografo da oltre 15 anni con oltre 500 concerti e festival seguiti e fotografati, intervistatore e recensionista musicale, per passione. Risiede a Bari e si occupa dei live e band emergenti della Puglia. Per TuttoRock si occupa dei live area SUD Italia e di tutta la musica che passa da queste parti !