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LUCIO LEONI – Intervista al cantante

LUCIO LEONI – Intervista al cantante

Lucio Leoni, classe 1981, romano, artista emergente della scena cantautorale italiana… ecco un bello spaccato del “Leoni Pensiero” … con il cuore a Roma, che come lui stesso m’ha raccontato non è solo il Colosseo o il Centro,ma un insieme di tanti piccoli microlouoghi che insieme formano la grande Città, la quotidianità che ancora si vive nel quartiere, quasi un paese, un rapporto ancora “umano”che ha permesso a Lucio di scrivere un disco molto legato alla semplicità che si respira a Roma…


Ciao Lucio, partiamo subito a bomba. C’è una cosa che mi sono chiesto ascoltando il tuo disco, quale artista affermato vorresti interpretasse una tua canzone?
Sarebbe molto facile dire Tiziano Ferro per quanto riguarda Stile Libero dato che ci abbiamo costruito intorno una campagna di marketing, però andando più sul concreto diventa veramente difficile scegliere un nome. Valgono anche quelli che non ci sono più?
 
Si, assolutamente. Torniamo pure indietro nel tempo.
Mi piacerebbe moltissimo Lucio Dalla, per capire come reinterpreterebbe musicalmente quello che ho interpretato io, non tanto dal punto di vista testuale, ma proprio musicalmente mi piacerebbe  capire dove la porterebbe lui, il Lucio di Com’è profondo il mare per intenderci, il suo disco più sperimentale.
 
Il tuo disco è molto sperimentale un pò come Com’è Profondo Il mare di Lucio Dalla. Ti chiedo, cosa pensi rimanga della musica che fai o che un qualsiasi artista in generale faccia? La musica può ancora avere il potere di cambiare qualcosa? Quale ruolo possiamo dare oggi alla musica?
Quello che rimane agli altri non lo possiamo immaginare, dall’interpretazione di quello che si scrive escono fuori innumerevoli altri significati che trasformano il senso originale di quello che si voleva raccontare. Quello che rimane è impossibile saperlo, però sarebbe impossibile scrivere sapendo in anticipo cosa rimarrà negli altri, è bello anche rimanga un mistero agli occhi di chi scrive. Che la musica possa cambiare qualcosa non sono convintissimo, sono sicuro del fatto che possa aiutare, la musica fa parte di un percorso educativo e di crescita della comunità. La canzone nasce dal percorso del racconto, delle storie, delle leggende che una volta si tramandavano oralmente, il fatto che oggi vengano registrate su supporto fisico non cambia questo meccanismo. La musica diventa parte della nostra tradizione, fa parte del vissuto della collettività. Una canzone in se non cambia nulla però sicuramente entra a far parte del tessuto condiviso che aiuta a costruire le fondamenta di quella comunità.
 
Le ragazzine in genere si scrivono i testi sul diario, le canzoni d’amore.  In Italia il ruolo del cantautore è equamente diviso tra il cantautore di sinistra, impegnato, alla De Gregori o rimanendo nell’ambiente romano, alla Baglioni, canzoni prevalentemente romantiche, d’amore, come ti dicevo, quelle che poi le ragazze si scrivono i testi sul diario. Tu hai collaborato anche per pezzi molto impegnati, mi viene in mente “Adotta un fascista” con Giancane, quello che ti chiedo è se la musica può aiutare a cambiare o formare la mente dei giovani.
Credo proprio di si, una canzone sul momento non cambia nulla   (non immagino un ragazzo che con Adotta un fascista o con qualsiasi altro pezzo  decida di andarsi a studiare la storia  anche se poi magari succede) ma non è l’obiettivo che ho io personalmente quando scrivo un pezzo. Credo che continuando ad aggiungere contenuti importanti e raccontare pagine di quello che succede o è successo con uno sguardo critico allora poi possa diventare una sorta di bibilioteca personale, la propria enciclopedia, l’enciclopedia di uno stato sociale su cui si fonderanno piano piano le menti della società futura, se noi non avessimo alle spalle gente come Battisti, Lucio Dalla, Finardi De Gregori, Fossati, Mina non avremo un bel pezzo di letteratura, che fa parte della nostra cultura alla pari di un Dante od Omero.
 
Se Lucio potesse interpretare un pezzo di qualcuno, non necessariamente famoso? Una canzone che avresti voluto scrivere. Raccontami.
Sicuramente Testardo di Silvestri, 19 gennaio di Giovanni Truppi, tantissime cose di Filippo Gatti, sia nel percorso solista che con gli Elettrojoyce,  secondo me Filippo Gatti è uno degli artisti piu importanti del panorama italiano degli ultimi 20 anni. Si, direi qualcosa di Filippo Gatti.
 
Molti artisti per natura non riescono sempre ad ascoltare la musica “altrui”.Che musica ascolta Lucio Leoni? Come ti confronti con la musica degli altri?
Per curiosità e formazione mi piace moltissimo ascoltare la musica degli altri, soprattutto quello che succede in Italia, per capire dove stiamo andando, per capire cosa sta succedendo musicalmente, anche perchè spesso è una trasformazione di quello che succede fuori da questo paese. Comunque si, ascolto tantissima musica italiana, ultimamente mi è piaciuto molto il disco di Andrea Laszlo De Simone.
 
La musica emergente ha ancora futuro?
Direi assolutamente di si, dipende solo da cosa vuol dire “Futuro”, se il futuro vuol dire diventare ricchi e famosi e fare i Tour pieni di groupies questo non è il futuro della musica emergente ma nemmeno della musica in assoluto. Il futuro è la voglia di esprimere idee, raccontare storie, confrontarsi con l’altro tramite una forma artistica.
 
Ci sarebbe tanto da parlare di Roma e del tuo rapporto con la città di Roma, città che ascoltando il tuo disco entra visceralmente in molti pezzi, in una canzone si cita anche un personaggio come Totti, la Roma che perde etc etc, chiederti di raccontare la tua Roma aprirebbe le pagine di un libro sicuramente, ma il tuo rapporto con la città com’è?
Roma la vivo non accorgendomene, la realtà vera di Roma è un insieme di tanti paesi, una volta i quartiere erano chiamati borgate, all’interno di ogni borgata c’è un ecosistema unico, vivi una dimensione più normale, più contadina, più umana. Hai ancora il rapporto umano col tuo giornalaio, col tuo panettiere. Grazie a questo si tira avanti nonostante Roma sia comunque una città piegata da tanti problemi. Nel mio disco c’è tanto di queste mie origini, io cerco di rimanere coi piedi per terra. Mio papà diceva sempre: Cos’hai fatto? Questo. Con chi l’hai fatto? Con questo. E’ la dinamica che mi porto appresso,  parlare di cose semplici, che poi effettivamente a volte si complicano nel racconto, paradossalmente la vita è fatta di cose semplici, quando si muore ad esempio, tutti i problemi d’un tratto finiscono.
 
CRISTIAN BRIGHENTI

 
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