LA MAISON – Intervista alla band livornese
29 Ottobre 2015
0
Shares
In occasione del concerto della band livornese al Freakout di Bologna, ne abbiamo approfittato per fare una interessante e divertente intervista alla band.
Allora ragazzi, raccontateci, come nasce La Maison?
I primi albori della band sono nel 2009-2010 a Livorno tramite una convivenza tra amici, eravamo tutti musicisti in gruppi diversi, nella band ci sono due fratelli che siamo io ed Alessio. Passando le notti a suonare vagava la voglia di suonare, e di suonare strumenti diversi, a Dario per il suo compleanno gli ho regalato un mandolino. In quegli anni abbiamo arrangiato un poco di pezzi, poi nei primi giorni del 2011 siamo partiti per Londra dove siamo rimasti un anno.
Siete andati per suonare?
Era il sogno di tutti, il seme è stato piantato a Livorno e poi è cresciuto a Londra dove abbiamo passato un anno tra marciapiedi ed espedienti e le canzoni hanno preso un altro aspetto.
Ma siete partiti perché non trovavate da suonare a casa?
Andare a Londra era abbracciare un sogno, essere liberi, liberi in tutti i sensi. E’ tanta che, come si dice a Livorno, eravamo nel buzzo, volevamo uscirne. Anita a quel tempo purtroppo non era con noi e ci raggiungeva per le date importanti, con altri musicisti suonavamo al Jamboree, magnifico posto nell’East London, ed in queste occasioni ci raggiungeva. Anita si è poi unita definitivamente al nostro ritorno da Londra quando i Brondi Bros., che come quartetto era il nostro nome allora, con la sua aggiunta è diventata definitivamente La Maison. Avevamo già avuto modo di ammirarla con il suo violoncello nel demo che registrammo.
La vostra discografia?
Collegata al Jamboree c’erano i Cable Street Studios dove abbiamo registrato alcuni pezzi in condizioni estreme veramente borderline, poi avevamo dei dischi che vendevamo ai concerti. Ora questo disco uscito per l’etichetta di Bologna, Trovarobato, che è il nostro primo, vero, full lenght.
Riuscire a suonare a Londra è stato difficile?
E’ una città dove vivono milioni di persone, Livorno è sovraffollata di musicisti, pensavamo di trovare a Londra un livello altissimo, ma ci è parso che lì siano abituati a trovare “la pappa scodellata”. Noi a Livorno eravamo abituati ad avere solo un club e per suonare dovevi fare a coltellate, là ce ne sono cento.
Avete riscontrato apprezzamento per la vostra musica a Londra?
Sì, sì, è incredibile, a loro basta veramente poco, ci si pagava l’affitto. A Livorno sono tutti ingegneri, tutti a bordo palco a giudicare, lì bastava un poco di scena e tutti entusiasti, hanno voglia di musica e di divertirsi molto più di noi italiani che siamo tutti tecnici e tutti facciamo meglio degli altri.
Il nome La Maison come l’avete scelto? Usate anche il francese?
Non è francese, è livornese!! Da noi quando finisce la nottata si usa dire “andiamo a la maison (a casa)”, da qui è nata la scelta. Noi sul campanello a Livorno non abbiamo mai avuto nome e cognome, c’era scritto La Maison.
Fate un genere particolare, un folk-rock particolare, tipo southern?
Di solito ci descrivono come mittel-europeo, noi ascoltavamo tanta musica tradizionale russa, compositori come Mussorgsky, musica dell’est Europa, la nostra attitudine è nata da lì. Poi abbiamo iniziato a scavare per trovare un filo conduttore comune.
Da giovani, cioè fino a ieri, cosa ascoltavate?
Del punk, i Mumford & Sons, roba del genere, ascolti misti, da Tom Waits per dire, dal veramente vecchio al veramente nuovo, ma quello che ha veramente formato la nostra musica è stata l’esperienza che abbiamo vissuto. Questo scuro che abbiamo vissuto nel fondo, quindi il fascino della musica popolare, questa dissonanza, a Livorno diciamo “marcezza”, canzoni che abbiamo fatto ed un giorno usciranno magari, suonate con la chitarra per terra suonata magari con le bacchette invece che con il plettro o magari con un violino scordato. Abbiamo preso in mano strumenti difficili, e a parte Anita nessuno di noi è diplomato o ha preso lezioni.
Sicuramente usate strumenti inusuali per il rock, il violoncello, la fisarmonica.
Più che il genere cerchiamo le tante sfaccettature della musica, un approccio a strumenti con un suono bellissimo come la fisarmonica, poi magari ci suoni del death-metal. E’ stata anche una esigenza per scandire e caratterizzare meglio certe canzoni.
Anita, l’unica diplomata quindi?
Io da piccola volevo suonare il clarinetto, infatti quando ho finito di studiare il violoncello ho ripreso in mano il clarinetto, per conto mio, senza lezioni.
MAURIZIO DONINI
Membri:
Simone Brondi (guitar, accordion, drum)
Alessio Brondi (voice, percussion)
Andrea Filippi (accordion, trumpet)
Anita Salvini (cello, clarinet)
Dario Brandini (mandolin, bass , violin)
https://www.facebook.com/lamaisonorchestra
https://www.facebook.com/events/420131488190129
https://www.facebook.com/modernistaconcerti
http://www.trovarobato.com/trovarobato-shop/product/82-la-maison-vaine-house.html
http://www.tuttorock.net/concerti/la-maison-in-concerto-live-freakout-bologna-16-10-2015
Allora ragazzi, raccontateci, come nasce La Maison?
I primi albori della band sono nel 2009-2010 a Livorno tramite una convivenza tra amici, eravamo tutti musicisti in gruppi diversi, nella band ci sono due fratelli che siamo io ed Alessio. Passando le notti a suonare vagava la voglia di suonare, e di suonare strumenti diversi, a Dario per il suo compleanno gli ho regalato un mandolino. In quegli anni abbiamo arrangiato un poco di pezzi, poi nei primi giorni del 2011 siamo partiti per Londra dove siamo rimasti un anno.
Siete andati per suonare?
Era il sogno di tutti, il seme è stato piantato a Livorno e poi è cresciuto a Londra dove abbiamo passato un anno tra marciapiedi ed espedienti e le canzoni hanno preso un altro aspetto.
Ma siete partiti perché non trovavate da suonare a casa?
Andare a Londra era abbracciare un sogno, essere liberi, liberi in tutti i sensi. E’ tanta che, come si dice a Livorno, eravamo nel buzzo, volevamo uscirne. Anita a quel tempo purtroppo non era con noi e ci raggiungeva per le date importanti, con altri musicisti suonavamo al Jamboree, magnifico posto nell’East London, ed in queste occasioni ci raggiungeva. Anita si è poi unita definitivamente al nostro ritorno da Londra quando i Brondi Bros., che come quartetto era il nostro nome allora, con la sua aggiunta è diventata definitivamente La Maison. Avevamo già avuto modo di ammirarla con il suo violoncello nel demo che registrammo.
La vostra discografia?
Collegata al Jamboree c’erano i Cable Street Studios dove abbiamo registrato alcuni pezzi in condizioni estreme veramente borderline, poi avevamo dei dischi che vendevamo ai concerti. Ora questo disco uscito per l’etichetta di Bologna, Trovarobato, che è il nostro primo, vero, full lenght.
Riuscire a suonare a Londra è stato difficile?
E’ una città dove vivono milioni di persone, Livorno è sovraffollata di musicisti, pensavamo di trovare a Londra un livello altissimo, ma ci è parso che lì siano abituati a trovare “la pappa scodellata”. Noi a Livorno eravamo abituati ad avere solo un club e per suonare dovevi fare a coltellate, là ce ne sono cento.
Avete riscontrato apprezzamento per la vostra musica a Londra?
Sì, sì, è incredibile, a loro basta veramente poco, ci si pagava l’affitto. A Livorno sono tutti ingegneri, tutti a bordo palco a giudicare, lì bastava un poco di scena e tutti entusiasti, hanno voglia di musica e di divertirsi molto più di noi italiani che siamo tutti tecnici e tutti facciamo meglio degli altri.
Il nome La Maison come l’avete scelto? Usate anche il francese?
Non è francese, è livornese!! Da noi quando finisce la nottata si usa dire “andiamo a la maison (a casa)”, da qui è nata la scelta. Noi sul campanello a Livorno non abbiamo mai avuto nome e cognome, c’era scritto La Maison.
Fate un genere particolare, un folk-rock particolare, tipo southern?
Di solito ci descrivono come mittel-europeo, noi ascoltavamo tanta musica tradizionale russa, compositori come Mussorgsky, musica dell’est Europa, la nostra attitudine è nata da lì. Poi abbiamo iniziato a scavare per trovare un filo conduttore comune.
Da giovani, cioè fino a ieri, cosa ascoltavate?
Del punk, i Mumford & Sons, roba del genere, ascolti misti, da Tom Waits per dire, dal veramente vecchio al veramente nuovo, ma quello che ha veramente formato la nostra musica è stata l’esperienza che abbiamo vissuto. Questo scuro che abbiamo vissuto nel fondo, quindi il fascino della musica popolare, questa dissonanza, a Livorno diciamo “marcezza”, canzoni che abbiamo fatto ed un giorno usciranno magari, suonate con la chitarra per terra suonata magari con le bacchette invece che con il plettro o magari con un violino scordato. Abbiamo preso in mano strumenti difficili, e a parte Anita nessuno di noi è diplomato o ha preso lezioni.
Sicuramente usate strumenti inusuali per il rock, il violoncello, la fisarmonica.
Più che il genere cerchiamo le tante sfaccettature della musica, un approccio a strumenti con un suono bellissimo come la fisarmonica, poi magari ci suoni del death-metal. E’ stata anche una esigenza per scandire e caratterizzare meglio certe canzoni.
Anita, l’unica diplomata quindi?
Io da piccola volevo suonare il clarinetto, infatti quando ho finito di studiare il violoncello ho ripreso in mano il clarinetto, per conto mio, senza lezioni.
MAURIZIO DONINI
Membri:
Simone Brondi (guitar, accordion, drum)
Alessio Brondi (voice, percussion)
Andrea Filippi (accordion, trumpet)
Anita Salvini (cello, clarinet)
Dario Brandini (mandolin, bass , violin)
https://www.facebook.com/lamaisonorchestra
https://www.facebook.com/events/420131488190129
https://www.facebook.com/modernistaconcerti
http://www.trovarobato.com/trovarobato-shop/product/82-la-maison-vaine-house.html
http://www.tuttorock.net/concerti/la-maison-in-concerto-live-freakout-bologna-16-10-2015
Maurizio Donini
CEO & Founder di TuttoRock - Supervisore Informatico, Redattore della sezione Europa in un quotidiano, Opinionist in vari blog, dopo varie esperienze in numerose webzine musicali, stanco dei recinti mentali e di genere, ho deciso di fondare un luogo ove riunire Musica, Arte, Cultura, Idee.