GABRIELE TIRELLI – Intervista al chitarrista di #VHP, Ant Mill, Argo e non solo
by Monica Atzei
26 Gennaio 2017
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Oggi sulle pagine di Tuttorock ho il piacere di intervistare Gabriele Tirelli, chitarrista dei Vittoria and the Hyde Park, Ant Mill e non solo. Mettetevi comodi e buona lettura!
Ciao Gabriele! Benvenuto su Tuttorock! Domanda di rito: come mai hai scelto uno strumento come la chitarra?
Bella domanda! Ho iniziato a suonare la chitarra all’età di sei anni, avevo una zia che la suonava e sono rimasto colpito… La mia famiglia è stata sempre appassionata di musica quindi è stata una naturale conseguenza. I miei genitori ci tenevano al fatto che coltivassi una passione musicale. Molti dei miei compagni di classe andavano a calcio, io invece, imparavo a suonare. Alle elementari ero diventato una sorta di menestrello e suonavo a richiesta per i miei compagni stile Jukebox! Poi, in prima media l’ammissione al conservatorio a chitarra classica, arrivati i 14 anni la prima chitarra elettrica, ed ecco il rock’n’roll, la prima band… Ed ora eccomi qui!
Qual è il gruppo musicale che ti accompagna da sempre?
Il gruppo musicale che ha segnato la mia vita sono in assoluto i Beatles, ma il mio percorso musicale live degli ultimi anni è stato più vicino a quello dei Led Zeppelin. Sono cresciuto con Paul Mc Cartney e John Lennon; poi i Queen, i Jane’s Addiction, i RHCP e tantissimi altri. Ho sempre apprezzato tutta la musica in generale. Non sono particolarmente legato a musicisti italiani nello specifico ma fanno parte del mio bagaglio musicale ovviamente tantissime canzoni italiane. Ascolto sempre tutto quello che posso molto volentieri, mi piace analizzare come molti artisti sviluppino il loro modo di trasmettere emozioni attraverso le canzoni. Nel suonare, il mio percorso non è sempre stato lineare, sono andato a ritroso, ho iniziato ad appassionarmi prima ai chitarristi degli anni ’90, moltissimo a Dave Navarro e Brian May per poi tornare agli anni ’70 dove è nato l’amore per Jimmy Page. In generale non sopporto parlare di musica attraverso etichette o generi e faccio fatica a fare distinzioni, per me son colori diversi non generi, tutti hanno una loro qualità, faccio fatica a mettere la musica in un calderone o in un altro.
Tu hai collaborazioni e progetti con band diverse. Ci parli un pò di Gabriele in queste varie “sfaccettature”?
Dal 2004, poco più che ventenne, ho iniziato con gli Argo, tributo ai grandissimi Led Zeppelin, progetto tuttora in attivo. Esperienza che mi ha segnato soprattutto nel modo di suonare e vivere l’interpretazione di un pezzo. In questo progetto abbiamo deciso sempre di dedicarci più che alla semplice esecuzione del brano, all’approccio libero, carnale e improvvisativo nel live proprio come la band di Robert Plant sapeva fare. Questo mi ha dato la possibilità di sviluppare un rapporto vero col mio strumento. Negli anni abbiamo trovato il nostro modo di esprimerci anche attraverso i brani dei Led e chi ci ha ascoltato l’ha sentita come una nostra caratteristica forte. Dagli Argo è nato il nostro progetto di musica inedita Ant Mill e l’anno scorso un disco. Parliamo di “Genere”? Rock alternative? Siamo tutti musicisti con bagagli diversi e il mix ha dato frutti interessanti e difficili da inquadrare. Dal 2015 sono anche il chitarrista dei Vittoria and the Hyde Park, con cui invece suono electro-pop, show più movimentato, canzoni più radiofoniche. Con loro ci si rivolge ad un pubblico più “mainstream” ed è interessante per me confrontarmi con regole e approcci alla composizione diversi dal mondo “alternative”, forse un po’ più inquadrati ma che ti mettono alla prova su nuovi territori, a volte, per assurdo, meno scontati di quel che noi “rockettari” pensiamo. Da un anno sono anche il chitarrista di Joe Bastianich che oltre alle padelle ne sa un sacco anche di musica ed ha deciso di dedicare spazio a questa sua passione coinvolgendomi. Lui è super-mediatico, lavoriamo bene insieme, è una bella opportunità ma soprattutto una bella amicizia. Con lui si va al di là del puro suonare, c’è anche tutto l’aspetto legato allo spettacolo. Il suo bagaglio da showman televisivo gli permette di gestire sempre al meglio l’esperienza del live ed io… suono ed imparo.
Il mondo della comunicazione e dei social network quanto pensi stia influenzando quello della musica?
Credo che quello che sta accadendo sia positivo, i social sono il nuovo modo di comunicare e di far vedere quello che fai. Nulla di nuovo, solo è cambiato il mezzo con cui ti fai conoscere. Si diventa sempre più fruibili alle persone interessate. Vedo pericoloso solo il rischio di diventarne “schiavi”. I social e la comunicazione richiedono dedizione, le persone sono ormai abituate a consumare le notizie così in poco tempo che devi stare attento ad essere sempre sul pezzo. Secondo me ci vuole poi un giusto equilibrio tra pubblico e privato. Detto questo è bello condividere con altri quello che fai, tanti o pochi che siano con i social hai un contatto diretto con loro e questo credo sia impagabile per chi fa arte. Sei anche sottoposto ai loro feedback, ad alti e bassi quotidiani, ad un continuo confronto. Il fatto di poter arrivare subito alle persone permette di far ascoltare la propria musica con una facilità che un tempo era impensabile. Un musicista suona per le persone e i social permettono di abbattere qualsiasi barriera. Mi piace che la gente s’innamori della musica scoprendo anche tutto quello che c’è dietro, si appassioni tramite i social, come se fosse un libro, alla tua storia, come io mi appassiono a quella degli altri. Quindi evviva qualsiasi mezzo purché ci sia passione in quello che fai!
Quante cose sono cambiate nella musica per Gabriele in questi anni?
Quante? Non saprei.. infinite! Chi mi conosce è sfinito… Credo che la “mia” musica non si sia ancora fermata perchè la vivo senza filtri, mi faccio contaminare, assorbo e incamero per fare sempre del mio meglio. La cosa che mi tiene attivo è lasciare aperte la porte, accettare nuove sfide senza pregiudizi, non mi voglio limitare all’immagine del chitarrista che suona i Led Zeppelin oppure che suona pop… Non voglio gabbie per la mia musica. Voglio suonare quello che mi emoziona, che mi fa star bene, non generi. Mi hanno stufato i classici discorsi tra musicisti che limitano le loro scelte musicali al fatto che sia quello che suoni a renderti un musicista migliore e non come lo suoni. Per me non c’è limite nella musica, se la musica ti tocca è bella, se ti avvicina è bella, se ti appassiona è bella…io seguo questa strada. Dentro gli schemi non ci sono mai stato, non riesco; per me la commistione è crescita. Se tu fai impari. Se metti paletti non vai avanti.
Come ultima domanda: quali sono i buoni propositi di Gabriele Tirelli per questo 2017?
Con gli Ant Mill è appena uscito il nuovo disco quindi il primo proposito è far conoscere il nostro lavoro, per quanto possibile, sempre a più persone. Con i Vittoria and The Hyde Park invece uscirà a Maggio, sarà il primo mattoncino finito dal punto di vista musicale per i VHP. Abbiamo suonato davvero tanto live l’anno scorso e un nostro pezzo è ora colonna sonora di un telefilm brasiliano (motivo di grande soddisfazione) e l’album chiude un anno di grande lavoro. Mi dedicherò poi sicuramente ancora al progetto con Joe Bastianich, cosa a cui tengo molto, e che nel 2017 sono sicuro regalerà grandi sorprese che non posso anticipare.
Mi sembra che tu abbia tanto da fare quindi, bene così! Io ti ringrazio tanto Gabriele sei stato gentilissimo, paziente e molto dettagliato! Buona vita!
MONICA ATZEI
Ciao Gabriele! Benvenuto su Tuttorock! Domanda di rito: come mai hai scelto uno strumento come la chitarra?
Bella domanda! Ho iniziato a suonare la chitarra all’età di sei anni, avevo una zia che la suonava e sono rimasto colpito… La mia famiglia è stata sempre appassionata di musica quindi è stata una naturale conseguenza. I miei genitori ci tenevano al fatto che coltivassi una passione musicale. Molti dei miei compagni di classe andavano a calcio, io invece, imparavo a suonare. Alle elementari ero diventato una sorta di menestrello e suonavo a richiesta per i miei compagni stile Jukebox! Poi, in prima media l’ammissione al conservatorio a chitarra classica, arrivati i 14 anni la prima chitarra elettrica, ed ecco il rock’n’roll, la prima band… Ed ora eccomi qui!
Qual è il gruppo musicale che ti accompagna da sempre?
Il gruppo musicale che ha segnato la mia vita sono in assoluto i Beatles, ma il mio percorso musicale live degli ultimi anni è stato più vicino a quello dei Led Zeppelin. Sono cresciuto con Paul Mc Cartney e John Lennon; poi i Queen, i Jane’s Addiction, i RHCP e tantissimi altri. Ho sempre apprezzato tutta la musica in generale. Non sono particolarmente legato a musicisti italiani nello specifico ma fanno parte del mio bagaglio musicale ovviamente tantissime canzoni italiane. Ascolto sempre tutto quello che posso molto volentieri, mi piace analizzare come molti artisti sviluppino il loro modo di trasmettere emozioni attraverso le canzoni. Nel suonare, il mio percorso non è sempre stato lineare, sono andato a ritroso, ho iniziato ad appassionarmi prima ai chitarristi degli anni ’90, moltissimo a Dave Navarro e Brian May per poi tornare agli anni ’70 dove è nato l’amore per Jimmy Page. In generale non sopporto parlare di musica attraverso etichette o generi e faccio fatica a fare distinzioni, per me son colori diversi non generi, tutti hanno una loro qualità, faccio fatica a mettere la musica in un calderone o in un altro.
Tu hai collaborazioni e progetti con band diverse. Ci parli un pò di Gabriele in queste varie “sfaccettature”?
Dal 2004, poco più che ventenne, ho iniziato con gli Argo, tributo ai grandissimi Led Zeppelin, progetto tuttora in attivo. Esperienza che mi ha segnato soprattutto nel modo di suonare e vivere l’interpretazione di un pezzo. In questo progetto abbiamo deciso sempre di dedicarci più che alla semplice esecuzione del brano, all’approccio libero, carnale e improvvisativo nel live proprio come la band di Robert Plant sapeva fare. Questo mi ha dato la possibilità di sviluppare un rapporto vero col mio strumento. Negli anni abbiamo trovato il nostro modo di esprimerci anche attraverso i brani dei Led e chi ci ha ascoltato l’ha sentita come una nostra caratteristica forte. Dagli Argo è nato il nostro progetto di musica inedita Ant Mill e l’anno scorso un disco. Parliamo di “Genere”? Rock alternative? Siamo tutti musicisti con bagagli diversi e il mix ha dato frutti interessanti e difficili da inquadrare. Dal 2015 sono anche il chitarrista dei Vittoria and the Hyde Park, con cui invece suono electro-pop, show più movimentato, canzoni più radiofoniche. Con loro ci si rivolge ad un pubblico più “mainstream” ed è interessante per me confrontarmi con regole e approcci alla composizione diversi dal mondo “alternative”, forse un po’ più inquadrati ma che ti mettono alla prova su nuovi territori, a volte, per assurdo, meno scontati di quel che noi “rockettari” pensiamo. Da un anno sono anche il chitarrista di Joe Bastianich che oltre alle padelle ne sa un sacco anche di musica ed ha deciso di dedicare spazio a questa sua passione coinvolgendomi. Lui è super-mediatico, lavoriamo bene insieme, è una bella opportunità ma soprattutto una bella amicizia. Con lui si va al di là del puro suonare, c’è anche tutto l’aspetto legato allo spettacolo. Il suo bagaglio da showman televisivo gli permette di gestire sempre al meglio l’esperienza del live ed io… suono ed imparo.
Il mondo della comunicazione e dei social network quanto pensi stia influenzando quello della musica?
Credo che quello che sta accadendo sia positivo, i social sono il nuovo modo di comunicare e di far vedere quello che fai. Nulla di nuovo, solo è cambiato il mezzo con cui ti fai conoscere. Si diventa sempre più fruibili alle persone interessate. Vedo pericoloso solo il rischio di diventarne “schiavi”. I social e la comunicazione richiedono dedizione, le persone sono ormai abituate a consumare le notizie così in poco tempo che devi stare attento ad essere sempre sul pezzo. Secondo me ci vuole poi un giusto equilibrio tra pubblico e privato. Detto questo è bello condividere con altri quello che fai, tanti o pochi che siano con i social hai un contatto diretto con loro e questo credo sia impagabile per chi fa arte. Sei anche sottoposto ai loro feedback, ad alti e bassi quotidiani, ad un continuo confronto. Il fatto di poter arrivare subito alle persone permette di far ascoltare la propria musica con una facilità che un tempo era impensabile. Un musicista suona per le persone e i social permettono di abbattere qualsiasi barriera. Mi piace che la gente s’innamori della musica scoprendo anche tutto quello che c’è dietro, si appassioni tramite i social, come se fosse un libro, alla tua storia, come io mi appassiono a quella degli altri. Quindi evviva qualsiasi mezzo purché ci sia passione in quello che fai!
Quante cose sono cambiate nella musica per Gabriele in questi anni?
Quante? Non saprei.. infinite! Chi mi conosce è sfinito… Credo che la “mia” musica non si sia ancora fermata perchè la vivo senza filtri, mi faccio contaminare, assorbo e incamero per fare sempre del mio meglio. La cosa che mi tiene attivo è lasciare aperte la porte, accettare nuove sfide senza pregiudizi, non mi voglio limitare all’immagine del chitarrista che suona i Led Zeppelin oppure che suona pop… Non voglio gabbie per la mia musica. Voglio suonare quello che mi emoziona, che mi fa star bene, non generi. Mi hanno stufato i classici discorsi tra musicisti che limitano le loro scelte musicali al fatto che sia quello che suoni a renderti un musicista migliore e non come lo suoni. Per me non c’è limite nella musica, se la musica ti tocca è bella, se ti avvicina è bella, se ti appassiona è bella…io seguo questa strada. Dentro gli schemi non ci sono mai stato, non riesco; per me la commistione è crescita. Se tu fai impari. Se metti paletti non vai avanti.
Come ultima domanda: quali sono i buoni propositi di Gabriele Tirelli per questo 2017?
Con gli Ant Mill è appena uscito il nuovo disco quindi il primo proposito è far conoscere il nostro lavoro, per quanto possibile, sempre a più persone. Con i Vittoria and The Hyde Park invece uscirà a Maggio, sarà il primo mattoncino finito dal punto di vista musicale per i VHP. Abbiamo suonato davvero tanto live l’anno scorso e un nostro pezzo è ora colonna sonora di un telefilm brasiliano (motivo di grande soddisfazione) e l’album chiude un anno di grande lavoro. Mi dedicherò poi sicuramente ancora al progetto con Joe Bastianich, cosa a cui tengo molto, e che nel 2017 sono sicuro regalerà grandi sorprese che non posso anticipare.
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Monica Atzei
Insegnante, classe 1975, medioevista ed immersa nella musica sin da bambina. Si occupa per Tuttorock soprattutto di interviste, sue le rubriche "MommyMetalStories" e "Tuttorock_HappyBirthday". Scrive per altri magazine e blog; collabora come ufficio stampa di band, locali, booking e con una label.