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FRANKSY NATRA – Intervista al cantautore sardo

FRANKSY NATRA – Intervista al cantautore sardo

Stefano Podda, in arte Podda, in arte Franksy Natra e’ un chitarrista, polistrumentista e cantautore sardo. Nato a Carbonia nel luglio del 1982, inizia a suonare punk rock con la sua band ‘The Cule Lie’ all’eta’ di 16 anni. Nel 2005 e’ membro fondatore dei ‘Plasma Expander’, coi quali produce l’omonimo album d’esordio (wallace); alla scrittura dell’album seguono due tournée italiane. Dal 2006 si trasferisce a Londra, città in cui vivrà fino al 2011; durante l’esperienza Londinese forma la folk band ‘Takoma’ insieme all’amico Nick Rivera. Dal 2009 al 2015 produce e pubblica tre album con i Takoma, suona con i ‘Love Boat’ e i ‘Flyng Sebadas’. L’alter ego Franksy Natra nasce dall’esigenza di omaggiare la musica americana nelle sue espressioni piu’ intime, immediate e cantautorali (da Mance Limpscomb, Michael Hurley a Townes Van Zandt e Justin T.Earle).

Ciao Stefano! Innanzittutto permettimi di essere molto orgogliosa di poter intervistare un artista della mia terra quindi ti ringrazio sin da ora per questa intervista. Ma chi è Stefano e chi è il suo alter ego Franksy?
Grazie a te dello spazio. Franksy Natra è inizialmente il nome che usavo per andare a suonare nei locali da solo, in un periodo in cui l’attività della mia band (i Takoma) era un poco farraginosa. per ragioni  diverse ho avuto anche più tempo libero per elaborare l’idea di un progetto solista. Poi il nome Franksy Natra é rimasto perché mi ci sono affezionato e faceva un po  ridere . Di me ti posso dire che sono cresciuto negli anni novanta e mi sono nutrito di quel mondo musicale li. Sono uno dei tanti sfigati senza pensione nel futuro,  cresciuto con Ritorno al Futuro e i dischi dei Nirvana.

Come è nata la passione per la musica folk, country e blues?Chi sono stati i tuoi mentori?
Per molti anni non ho avuto nessuna consapevolezza di cosa fosse il folk americano o il blues. per me il blues iniziave e  finiva con Beggars banquet degli stones. Avevo piu’ a cuore la scena di Canterbury e Bitches Brew. nel 2006 ho scoperto un chitarrista americano che si chiama John Fahey e poco a poco sono entrato in simpatia con  quella musica americana che prima mi suonava tutta uguale. Un mio amico inglese mi ha fatto conoscere Bob Dylan, Woody Guthrie e Hank Williams e per un anno intero non ho ascoltato e non ho suonato altro.

Ho ascoltato il tuo album “Villa Gospel”: interessante, fresco, familiare, introspettivo e con sonorità che mi rimandano a  un tempo dove la musica era aggregazione non solo durante i concerti. Puoi parlarmi di come è nato?
Mi fa piacere che ci hai sentito queste cose. Villa Gospel nasce nell’inverno del 2015, quando di rientro da un tour con i Takoma ho cominciato a giocare con un vecchio registratore a cassette. Questi registratori sono abbastanza in disuso in era digitale, ma hanno una certa magia che mi affascina e volevo sperimentarla. Come al solito per passare dai zozzissimi demo che stavo facendo a casa mia  al disco finito  ci è voluto l’aiuto di una serie di amici: Luca Gambula, Alberto Caria e i Molly’s Chamber fra tutti. Abbiamo registrato in una villa sulla spiaggia di Porto Pino, dove abbiamo anche convissuto per due settimane, lavorando alle canzoni 16 ore al giorno. detta così è abbastanza romantica come cosa. La verità è che in alcuni momenti ci saremmo ammazzati.

Ho letto che sei stato per un periodo all’estero, questo dal punto di vista musicale cosa ti ha dato?
Sì, fra il 2006 e il 2011 ho vissuto in Inghilterra, per lavoro. La Sardegna e’ un posto meraviglioso, ma e’ una grande isola abitata da poche persone e a lungo andare può darti un senso di aridità e desolazione tutt’altro che salutare, specialmente a 19 anni. L’Inghilterra e’  un luogo musicalmente ricco e diversissimo, il talento e la mediocrità si mischiano in uno scenario straordinario. per me e’ stato utile mettere in discussione alcune convinzioni o verità musicali che avevo consolidato in anni. Il fatto di stare a Londra e non conoscere nessuno mi ha dato il coraggio di mettermi a cantare senza provare troppa vergogna, non lo avevo mai fatto prima. Il fatto di passare assolutamente inosservato ti da la libertà di sbagliare e migliorare. Ed e’ facile passare inosservati in un posto così.

Ora ti attendono delle date live: ti piace il contatto diretto col pubblico? 
Il motivo per cui non ho mai pensato di smettere con la musica  e’ che mi piace troppo suonare dal vivo, ed e’ tanto più divertente farlo in città che non conosco davanti ad un pubblico ogni giorno nuovo. A partire da questo autunno riprendo il tour di Villagospel in giro per l’italia e oltre. Non vedo l’ora. il pubblico dei miei concerti poi e’ molto vario e va davvero dai 10 ai 90 anni. Una sera dopo un concerto a Trieste, una signora sulla sessantina mi ha detto “Tu sei la reincarnazione di Bob Dylan” . Le ho dovuto dire che Dylan e’ ancora vivo, ma e’ stato molto divertente.

MONICA ATZEI

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