VERDENA “ENDKADENZ VOL.2 TOUR” – LIVE @ Teatro Biondo PALERMO 16-11-2015
Andiamo alla “ciccia”. Il concerto inizia con l’amico Adriano che in vacanza dai suoi Bud Spencer Blues Explosion, propone un inedito duo, formato col “compagno di merende” José Rodrigo Caravallo Armas (poliedrico musicista cubano, già in forza nella Bandabardò e nella formazione di Daniele Silvestri). Partenza un po’ in sordina, in verità… come è un po’ nel carattere del musicista romano, che forte di ciò che sa fare, parte sempre con l’umiltà dell’esordiente, per finire con lo stupire sempre tutti a colpi di “mazzate” di sei corde sui denti. Giochiamo con le immagini ridondanti, ma è un po’ quello che è successo anche questa volta. Partono che pare stiano in una soffitta, con un timpano che in verità non suonava proprio benissimo, tanto da sembrare che la pelle fosse compromessa dall’umidità del “sottotetto”. Il brano “Tubi innocenti” (tratto dal suo cd “Film|o|Sound”) non ci mette molto a mettere in mostra una tecnica che non sono in molti a poter sfoderare in Italia. Pare sempre tutto facile quando lo fa lui… come, ad esempio, portarci tutti quanti siamo in quella soffitta ideale dove stanno suonicchiando fra loro e farci ammassare all’inverosimile attorno al loro magnifico secondo pezzo macchiato dal sangue delle galline del Delta: “Special Rider”. Siamo in pieno clima voodoo e a ruota giustappongono una magnetica “Tunga Magni”. Le emozioni non lasciano scampo. Che fatica non avere un basso a portata di mano in certe occasioni! Il breve set prosegue con l’omaggio alla terra di Caravallo, una bellissima versione di Chan Chan. Compay Segundo avrà gradito. Il leggero filo del fumo del suo sigaro filava regolare (almeno così mi è sembrato di vedere) sul limitare delle quinte di un palco meraviglioso, segno che tutto era come doveva essere. Certo che quando il sòr Ramones Caravallo soffia nella sua tromba, davvero si crea un’atmosfera particolare. Il tempo pare fermarsi. E invece, tra l’entusiasmo generale di un pubblico sempre più rapito dalle meravigliose atmosfere create, il tempo è inclemente e non resta che suonare una meravigliosa versione di “Malaika” di Fadhili Mdawida e chiudere poi in bellezza con “Sleepwalk” (cover di Santo & Johnny, sempre proposta nel suo lavoro solista uscito di recente per Bomba Dischi e distribuito da Goodfellas). Abbiamo l’impressione che il set dovesse durare un pelo di più e che sia stato troncato da un direttore di palco fin troppo severo. Apprezziamo, oltre alla sua musica, anche la solerzia e dignità con cui il Viterbini prende atto della cosa e sgombra il palco per l’evento tanto atteso in città, signore e signori: i Verdena!
L’atmosfera in sala pare mutuata da un dipinto di De Nittis. I fatti di Parigi sono ancora vividi per non avere un strano disagio addosso affacciandomi alla balconata e vedendo tutta la platea, piena in ogni ordine di posti, eppure c’è un clima lieto, leggero, lo definirei “mondano”. Cerco di non pensare. Cerchiamo tutti insieme di non farlo.
Mi pare sia prima di “Fuoco Amico II” che Luca si toglie la maglia e la trasmutazione è completa, tutto può correre sul binario dell’imponderabile. In fondo non è usuale vedere scimmie della specie Sapiens-Sapiens essere dotate di così limpido talento!
Su “Nuova Luce” Roberta imbraccia un Gibson SG e si sente. Ritrovo in un attimo la “bambina che domina il tuono”! Dolce, delicata, educata, sempre un po’ avulsa dal contesto “barbaro” dei fratelli Ferrari, eppure distante dalle trasparenze di Giuseppe Chiara, la cui presenza è invece sempre più importante per l’attività live della band. Roberta ha una personalità tutta sua, e può saltare (un po’ controtempo) quanto vuole, la sua ritmica è corposa, pregiata e dannatamente scintillante. Una sola notazione, non mi piace il micro-ampeg svt con cui si accompagna in questo momento, ma come diceva il “Principe”: – De gustibus non habet dirittum ad sputellazzam! –
I Verdena danno nuova linfa all’Alt-Rock tout-court. Interscambiano sempre più spesso i ruoli e gli strumenti. Introducono il piano e si aprono a possibilità sonore a volte improbabili, ma sempre calzanti. Su “Caños” inizia il duello rusticano tra armonia e ritmica, il pubblico apprezza e va in visibilio. La traccia immediatamente a seguire vede addirittura eseguire un tempo di tarantella. La Sammarelli torna alla “bassanza”, passa invece Alberto al piano e per un attimo ho un attimo di tremore nell’ascoltare un’eco “regale” che subito sfuma via… intanto Luca si rivolge alla sua sinistra e martella un pad elettronico. Accennano ad una serie di stop&go, cercano linguaggi che sconfinano in terre al di là delle chitarre, tornano a casa e portano in dono qualcosa di prezioso: la maturità! Su “Vivere di conseguenza” c’è una gran partenza di batteria. Un importante uso del sinth prima di far straripare tutto in un meraviglioso coro finale… sembra di stare all’Opera, non fosse che alla traccia successiva Alberto imbraccia la sua 335 e si lancia in una parte noise degna dei Nirvana dei più scalcinati club di Seattle! Con una voce super-riverberata dà il la agli inserti di drumming dispari che danno tono ad un finale di velluto. Non so se mi piace l’effetto di voce alla Subsonica su “Colle Immane”, è troppo di Samuel per sopportarlo su altre voci, come pure l’uso del sintetizzatore da parte del batterista… sembra di stare ai Murazzi, non più a decostruire i pollai dell’underground bergamasco… con altri suoni la troverei magnifica, così, non so… fortuna che viene “Muori delay” a togliermi da una profonda fase di dubbio. Vederli giocare con le sonorità pesantemente mutuate a Jack White mi fa vibrare di gioia e mi godo la “Blue Orchid” de noantri col sorriso lussurioso delle grandi occasioni. Ci sta!
Il finale, dopo un’esplosione di rumore che trasforma il Biondo in una Guernica dipinta a colpi di maglio, ci propone uno strano loop che ci lascia con un laconico: “Non ti capisco!”
Il concerto sarebbe finito, ma al pubblico, le diciannove tracce suonate, non bastano. Serve altro sangue con cui irrorare un altare fatto di sabbia e decorazioni liberty. La band esce per il bis e parte un simpatico siparietto. Il pubblico chiederebbe “Il Gulliver”, i Verdena sparano una successione che stenderebbe il più insensibile rinoceronte nella Savana: Valvonata, Ultranoia, Un po’ esageri, IlwaltzdelBounty. Ciao…
Ciao Alberto, ciao Roberta, ciao Luca, ciao Giuseppe… Ciao!
MASSIMILIANO AMOROSO
Photoset by AZZURRA DE LUCA
Credits: si ringrazia la Fleisch Agency per la sempre gentilissima disponibilità e collaborazione.
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Massimiliano Amoroso, architetto e bassista elettrico. Cresciuto alla corte di alcuni dei più grandi produttori italiani (Franco Patimo, David Lenci, Rob Ellis, Matteo Cifelli, Alessandro Sgreccia, Paolo Mauri, Daniele Grasso), nel tempo ha proposto, in veste di fondatore e songwriter, bands alternative-rock quali Betty Ford Center (oggi Betty Poison), Milk White, Bye Bye Japan, Electro Malicious ed altri. Con queste formazioni ha vinto oltre quindici Premi Nazionali, tra i quali Heineken Jammin’ Festival e Red Bull Tourbus, ed innumerevoli piazzamenti di prestigio (Finalista Tour Music Fest, Sanremo Rock, etc). Le stesse formazioni vantano aperture ai maggiori artisti internazionali (Jamiroquai, Yann Tiersen, Glasvegas, etc) ed a moltissimi artisti della scena nazionale (Elio e le storie tese, Linea 77, Tre allegri ragazzi morti, 24 Grana, Super Elastic Bubble Plastic, Piotta, Frankie HI NRG, 99 Posse, etc). Con le sue band si esibisce in numerosi festival (Neapolis, Home Festival, etc) ed in passato si esibisce con regolarità anche all’estero (Francia, Olanda, Belgio, Germania, etc). La sua musica è stata recensita dai principali magazine nazionali (Rolling Stone, Rumore, Raro, Rockerilla, Repubblica, etc) e frequentemente viene passata nei network nazionali (Radio Rai, Rai Stereo, Rai 3, R101, Rock Tv, etc). Da qualche anno collabora con diverse redazioni di siti musicali fra cui TUTTOROCK