MARLENE KUNTZ “Onorate il vile tour” – Live @ New Age, Roncade (TV) 20-1 …
Arriva come terzo pezzo il primo vile. Una lunga attesa. E’ 3 di 3 presa al guinzaglio ma colma di ruggine infettiva, come una volta, come ricordavamo, sonica.
A tutto questo i Marlene hanno aggiunto un bel break noise quasi spaziale incastrando momenti di silenzio come l’imboscata di un felino. A me danno il tempo di capire che stasera siamo ripiombati nel 1997. Ma arriva L’agguato. Mi basta lo sferragliare post spore (ve le ricordate?) che si deposita sui pezzi e sale come vapore fin su’, nei miei pensieri, confusi dalla bellezza e dall’aggressione che provocano, inevitabilmente da cosa hanno significato nella mia vita e in quella di chi li ha consumati.
Il sold out mi ha regalato omoni alieni grandi e grossi come me, che m’impediscono la visuale, ma anch’io voglio vedere i pittori di questo atto all’opera. Mi sposto e noto la gente cantare i brani vecchi e chiacchierare sui nuovi. Sono al quarto pezzo e me la ghigno.
Rimango in aria perche’ i brani sono tutti rapidi, quasi punk. Anche quelli nuovi, che sorprendentemente dal vivo hanno parti melodiche notevoli. C’e’ un importante cambio di chitarre ma e’ per un rap dal nuovo album. Non voglio sentire. Overflash mi spazza via. Non rimane nulla di me. Racconta che è la messa in scena di una danza macabra. Sara’ per questo che inizia come un attacco de Enter Sandman dei Metallica. Esaltante. I Marlene ci terranno per mano proponendo un sound comunque meno hardcore dei concerti di fine anni novanta, piu’ industrial, piu’ grunge per cosi’ dire, e per chi come me ha assistito ad almeno 3 o 4 live per album viene spontaneo pensare al tour di Hai ucciso paranoia. In molti frangenti il basso del nuovo entrato e oramai definitivo Lagash (Luca Saporiti ex dei La Crus) suona grandiosamente come ai tempi del metallico Dan Solo. Non riesco a soffermarmi sui pezzi giovani che ahime’ inframmezzano quasi tutta la scaletta di un Vile suonato in disordine. Non ricordo piu’ se era la coda di Overflash o l’inizio di Cenere. Quasi non importa.
La memoria s’annebbia perche’ qui a Treviso la batteria continua la sua mitraglia e io non possiedo nascondigli. Il basso e’ già rientrato nei ranghi ma l’eco dei Disciplinatha e dei Cccp torna di continuo, fa parte della nube. E ora e’ Cenere. Cenere e’ un serpente che ci strozza fra le sue spire poi si distende fra di noi per aprire la bocca avida e velenosa. Arriva un L’esangue Deborah infuocata. Leggermente addolcita ma comunque drastica e il pubblico e’ in visibilio. Ed e’ davvero un gran sentire visto che le venature e le particelle scelte come arrangiamento sono molto simili a quelle originali optando per alcuni rallentamenti ipnotici e per delle screziature da primi Soundgarden. D’altronde erano ancora anni post Seattle: in molti apprezzano la scelta. Barcolliamo su Come stavamo ieri e Rettratile. Mi chiedo come quel giovane di 20,25 anni presente di fronte a me, possa percepire questo suono e questi testi inauditi, oggi che la musica italiana (e non) e’ una landa desolata e troppo poppettara.
La geniale E non cessa di girare la mia testa in fondo al mare. Per un attimo intimo anch’io parte dei cori. E’ piu’ forte di me. I ricordi vengono a galla. Non voglio dare ragione a Seymour Reynolds, il critico rock messia della nostalgia anzi smascheratore delle Deluxe Edition.
Tigre io sarò se scaglierai il dardo contro di me? Me l’avrai lanciato il dardo della malinconia Reynolds?
E si. Il virus e’ entrato in circolo. Il ive continua tosto e molti attimi li passo da adolescente.
E’ la volta di Ti giro intorno e poi senza respiro Il vile e Ineluttabile. Nonostante le urla di arrembaggio intimista e nichilista del capobanda continuo a perdermi nei miei pensieri.
Bologna. Il link. I centri sociali ancora vivi. Gli Afterhours al Leoncavallo e poi un capodanno al Velvet di Rimini per un Hai paura del buio? Live tra sputi e brividi. Mancava una cover dei Bad Religion e dei Fugazi e si poteva toccare i(l )Nirvana. I La Crus e gli Estra, i Fluxus prima che arrivassero i Subsonica, Radio Sherwood a Padova, le trasmissioni di controcultura in radio. Il Consorzio suonatori indipendenti e le major che investivano sulla musica alternativa italiana. Una borsa di studio sul cinema. Una di critica e Guido Chiesa. Il cinema di Ferreri e i film portoghesi. Pordenone prima e dopo i Prozac+. Quanto ancora? Tanto ma tutto coi Marlene in testa.
Bastano i prodigi che tu sei? Gli ho girato intorno e ho davvero ingoiato fremiti. Il soggetto e’ il sogno non una donna. Sono passati gia’ vent’anni. Adesso non sogno piu’.
In tanti abbiamo detto quanto forse stasera sia un falso rito. Perche’ ci emozioniamo a questi concerti allora?
Arriva un bis. Siamo agli sgoccioli.
E’ Nuotando nell’aria.
Ok. Ora lo so.
Pasquale Paz Scevola
Pics by Elena Arzani (Fabrique Milano 2016)
Credits: si ringraziano i Marlene Kuntz ed International Music Arts per la gentilissima disponibilità e la perfetta organizzazione dell’evento.
Elena Arzani è Docente presso la University of the Arts London di Londra. Fotografa e Consulente in marketing, comunicazione e social media management, segue artisti e progetti del settore culturale e moda e musica. Master di Laurea in Design Studies, presso il Central Saint Martin's di Londra, ha completato la sua formazione tecnica al Sotheby's Institute of Arts di NY ed alla 24Ore Business Schoold di Roma. Tra le sue collaborazioni, illustri aziende ed iconiche personalità della cultura contemporanea, da Giorgio Armani, Tina Turner, Aubrey Powell, a Guerlain, Fondazione Prada, e molti altri. Elena Arzani, Art Director di Tuttorock - elena.arzani@tuttorock.com