JOE SATRIANI “The Shockwave Tour” – Live @ Obihall (Firenze 6-10-2015)
Non poteva essere che la torrenziale titletrack dell’ultimo album e del tour, Shockwave Supernova, ad aprire, ritmo forsennato ed incalzante, anche se Joe appare un attimo imballato, così come sulla successiva Flying in a blue dream, canzone che già nel 1989 gli valse un Grammy Award per la miglior performance rock strumentale, sinuosa e quasi liturgica nel suo incedere di accordi, sonorità meno metalliche delle ultime produzioni, ma melodie incantevoli. E’ il groove jazzato che già incantò Montreux di Ice 9 a dimostrare la versatilità di questo mostro della sei corde, l’incedere progressivo che aumenta di intensità nella seconda metà della canzone è da manuale. Se dici che Crystal Planet era nel suo settimo album forse pare banale, ma è doveroso pensare che parliamo del 1998…. Ossessiva e solenne martella con incedere potente, ma è tutta la band a tenere la scena con una capacità eccellente, la batteria è potente, presente, sempre pulita, il basso granitico, quasi imperiale, e la seconda chitarra è tale solo perché la prima la impugna Satch. Un one man show di Keneally con chitarra e tastiere ha mandato invisibilio il pubblico per la bellezza, la fantasia e la maestria. Si scava fino nel profondo, nei meandri del 1986 dal primo album appare Not of this earth, mimica incredibile di Joe che dimostra tutto l’ardore e la gioia che si porta dentro quando imbraccia la chitarra. Si passa dai suoni più metallici e rockeggianti della recente On peregrine wings a quelli più edulcorati di sapore jazzato da The Extremist ci propone la diabolica Friends. Si passa da Time per giungere all’immarcescibile If I could fly, qui è facile pensare di averla sentita spesso, provate ad ascoltare Viva la vida dei Coldplay, le particolari somiglianze hanno anche dato origine ad una causa intentata dal chitarrista alla band inglese, resta la delirante bellezza di questa canzone. Cambia il colore della chitarra, dal nero al rosso, dall’arancio al viola, non cambia lo spettacolo, dopo Butterfly and zebra ci si perde sui sentieri iridescenti di If there is no heaven, una band di altissimo livello contribuisce a tenere lo spettacolo al massimo livello, strumentisti eclettici e di grande spessore che interagiscono con il sontuoso Satch in maniera sopraffina. Riff e giri ci accordi si susseguono ad una andatura che di umano non ha nulla, ma come diceva una vecchia pubblicità, “cosa è la potenza senza controllo?”. Come sarebbe questo sound se fosse fatto solo di interminabili velocissimi riff? La bellezza demoniaca di Cataclysmic non è data da una sequela di scale armoniche scolpite a vertiginosa velocità, ma dalla musica che questo sfrenato artista riesce a tirare fuori dal suo attrezzo. Tutta questa parte è dedicata al nuovo album, Shockwave Supernova, si aggiungono in sequenza Crazy Joe e All of my life, poi si inserisce il drum solo di Marco Minnemann per dimostrare tutto il suo eccellente drumming. E torna in scena l’owner con l’immaginifica Luminous Flesh giants, la chitarra si trasforma in un pennello che dipinge armonie colorate spingendosi ben oltre le vette permesse dall’intelletto umano, i suoni si spandono, i riff si accavallano in sequenze melodiche senza fine. Ed arriva la lisergica Always with me, always with you, suoni sfumati e psichedelici, tanti i generi toccati, ma l’unico comun denominatore di una capacità innaturale di estrarre continuamente sorprese dal suo personale vaso di Pandora. Incandescente God is crying, crea un putiferio tra le file della Obihall, entusiasmo alle stelle, variopinta e subliminale atterra la velenosa Goodbye Supernova, un lento incedere che si scioglie nel delirante rollio di note della maleducata Satch boogie, un ritmo tribale che diventa un’arma letale nelle mani del chitarrista, con il drummer ad imperversare sui piatti alle sue spalle. Una platea in delirio tutta in piedi inneggia senza fine al rientro della band per il doveroso bis, che non si fa attendere, si inizia con la spumeggiante Big bad moon, uno tsunami di note e licks selvatici come un puma delle Montagne Rocciose scende dal palco per prendere possesso del Teatro, ma ne viene cacciato da un super-eroe marvelliano, l’uomo d’argento, il furente Silver Surfer sulla sua tavola aliena troneggia alle spalle di Satch che imperversa con la sua arma impropria a sei corde, è ovviamente la storica ed immortale Surfin with the alien a chiudere un concerto indimenticabile.
Ascoltare questo signore in disco è affascinante, la tecnica superba si esplicita in una musicalità lirica, ma dal vivo siamo di fronte ad uno dei migliori spettacoli rock cui possiate assistere, il dominio assoluto che esercita sullo strumento, supportato in tour da una band semplicemente grandiosa, l’amore per quello che fa trasuda in ogni istante, il risultato è un’esperienza spirituale che rimarrà scolpita nelle vostre menti e nei vostri cuori per sempre.
MAURIZIO DONINI
Photoset by NINO SAETTI
Credits: si ringrazia l’Ufficio Stampa Mannucci e la Obihall per la perfetta organizzazione ed accoglienza e per la sempre splendida disponibilità e gentilezza.
Shockwave Supernova
Flying in a Blue Dream
Ice 9
Crystal Planet
Not of This Earth
On Peregrine Wings
Friends
Time
If I Could Fly
Butterfly and Zebra
If There Is No Heaven
Cataclysmic
Crazy Joey
All of My Life
Drum Solo
Luminous Flesh Giants
Always With Me, Always With You
God Is Crying
Goodbye Supernova
Satch Boogie
Encore:
Big Bad Moon
Surfing With the Alien
Band:
Joe Satriani – chitarra
Mike Keneally – chitarra, tastiere
Bryan Beller – basso
Marco Minnemann – batteria
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CEO & Founder di TuttoRock - Supervisore Informatico, Redattore della sezione Europa in un quotidiano, Opinionist in vari blog, dopo varie esperienze in numerose webzine musicali, stanco dei recinti mentali e di genere, ho deciso di fondare un luogo ove riunire Musica, Arte, Cultura, Idee.