Intervista a Fabrizio Paterlini, pianista da 259 milioni di stream
Un pianista da record: 4 milioni e 200 mila ascoltatori mensili provenienti da 183 Paesi nel mondo. Stiamo parlando del mantovano Fabrizio Paterlini, che con i suoi ascolti da primato si colloca nell’Olimpo dei virtuosi insieme a compositori della stazza di Ludovico Einaudi e Ólafur Arnalds.
Buonasera Fabrizio e benvenuto tra le pagine virtuali di Tuttorock. Nel corso della tua carriera hai ottenuto un grande successo internazionale, arrivando ad essere ascoltato addirittura in 183 Paesi. Ti capita mai di fermarti a riflettere sul fatto che la tua musica riesca a toccare così tante persone, indipendentemente da lingua e cultura?
Ciao Susanna, grazie! In realtà non mi fermo molto a pensare ai risultati che la mia musica ha raggiunto in termini di diffusione. Certo, sono sempre grato e riconoscente per i traguardi raggiunti, ma il “motore” spinge ancora molto e sono ancora tante le cose che voglio fare prima di fermarmi e dire a me stesso “ora sono contento”.
Le tue composizioni vengono spesso selezionate come colonne sonore per la televisione ed il cinema, soprattutto oltreoceano. Perfino l’attore Chris Evans (Capitan America), ha incluso “Rue des Trois Frères” tra i suoi brani preferiti. Questo ti definisce un pianista di tendenza, capace di “svecchiare” una disciplina spesso considerata elitaria. Secondo la tua opinione, in che modo un giovane pianista può avvicinarsi ad un pubblico privo degli strumenti necessari ad apprezzare una produzione di tipo classico, superando lo scoglio di una produzione di nicchia?
È essenziale conoscere la chiave per mettere in musica il proprio linguaggio, il proprio codice. Per qualcuno, quel codice è proprio il modo prediletto per trasmettere il proprio messaggio. In realtà, nel mio caso, ho semplicemente iniziato a suonare il pianoforte e le sue risonanze mi hanno guidato nei primi passi del mio percorso compositivo. Ascoltare molta musica, suonare musica di altri, lasciarsi ispirare sono sicuramente un ottimo inizio per arrivare ad avere un proprio stile. Poi c’è il lavoro: non smettere mai di lavorare, consci del fatto che il successo “overnight” non esiste.
Sicuramente la natura offre differenti spunti di riflessione e stimoli per un musicista, considerando che gli stessi suoni “naturali” come i rumori che può provocare il vento tra le fronde di un albero o una melodia come il cinguettio degli uccelli, possono offrire un’esperienza di ascolto immersiva, tale da risultare totalizzante ed estremamente suggestiva. Esiste anche una affascinante branchia della musica, la c.d “earthphonia” che esplora le suggestioni che arrivano dal mondo che ci circonda. La natura è il primo compositore mai esistito, capace di comporre sinfonie meravigliose e sempre differenti. Sembra che tu ne tragga spesso ispirazione, penso a Riverscape (2023), concept album sviluppato in collaborazione con la fotografa naturalista olandese Kristel Schneider. In questo caso ci riferiamo ai grandi corsi d’acqua, in particolare al selvaggio fiume francese Allier. Come hai lavorato sulle partiture, traducendo in musica la continua trasformazione e il concetto di fluire dell’acqua?
Quando Kristel mi ha chiesto di lavorare il fiume in musica, non sapeva che io abito a pochissimi chilometri dal fiume Po e che, abitualmente, le spiagge del fiume sono un posto che frequento con la famiglia. Quindi, i suoni, i rumori e i paesaggi di fiume sono per me più che usuali, fanno parte del mio quotidiano. Lavorare sul fiume è stato quindi un giusto tributo portato ad una parte consistente del mio vissuto e non dico sia stato semplice, ma sicuramente l’ispirazione per scrivere note su quel tema è stata costante e molto forte.
La collaborazione con Kristel Schneider nasce quando lei ti regala il libro “Variation in trees” (International Photo Award): scatti di alberi ispirati proprio dalla tua musica. Possiamo parlare quindi di una “reciprocità” o di uno “scambio” tra artisti provenienti da diverse discipline?
Sicuramente. Kristel mi raccontava che per scattare le foto di “Variation in Trees”, ascoltava in loop i miei brani, soprattutto quelli dell’album “Secret Book”. E di certo, l’aver visto in “anteprima” i primi scatti del fiume Allier, ha contributo a farmi meglio capire che tipo di sonorità aveva in mente per il suo progetto.
Passando a temi più recenti “Summer Stories” uscito quest’estate, riprende un concetto di stagionalità iniziato con “Autumn Stories” (2012) e continuato in “Winter Stories” (2018). Dicono che non esistono più le mezze stagioni, ma forse anche le tue stagioni sono un po’ impazzite per via del cambiamento climatico… data la ciclicità quadriennale, ci saremmo auspicati un’uscita anticipata per questa estate, nel 2022. Quali sono i motivi di questo ritardo?
Non ho mai in effetti realizzato che il lavoro sulle stagioni potesse avere una “cadenza” in termini temporali. È più una causalità, senza dubbio. “Summer Stories” nasce come progetto estemporaneo, senza alcuna progettualità pregressa. Anzi, è proprio ciò che lo rende “speciale” rispetto agli altri, ovvero il fatto che è stato composto proprio poche settimane prima della sua pubblicazione.
Possiamo aspettarci una “storia primaverile” per il prossimo 2028?
Vedremo su cosa starò lavorando, vedremo che sonorità starò sperimentando e se ci sarà materiale adeguato a descrivere “storie primaverili”.
La stagionalità riflette anche un concetto tanto astronomico, quanto vicino alla notazione musicale: un intervallo temporale (in questo caso che intercorre tra un equinozio e un solstizio), che in termini musicali definiremmo “andamento” o “velocità”. Credi che ogni stagione abbia un suo “tempo” musicalmente inteso, oltre ad altri “tempi” come potrebbero essere quello meteorologico ad es. l’estate potrebbe essere caratterizzata da giornate lunghe e soleggiate e l’autunno da brevi e piovose?
Credo in realtà che la cosa interessante nel lasciarsi ispirare dalle stagioni non stia nel fatto che il “mood” stagionale possa o meno influenzare ciò che scrivi (e sicuramente in parte c’è questo aspetto), quanto piuttosto nel fatto che è il tuo stile compositivo che è comunque quello e ben definito che si accosta alle stagioni. La discrasia che si crea nel comporre brani malinconici durante una soleggiata giornata di estate ha qualcosa di magico, forse più che nel comporre musica malinconica in una giornata invernale uggiosa.
Cosa ti prospetta l’anno venturo? Hai in programma nuovi concerti o eventi live?
Il prossimo anno vedrà un’uscita in primavera (ne parleremo, ne sono certo!) e inizierò a scrivere nuovo materiale collaborando con due musicisti che conosco da molto tempo. Sul versante live, mi sono preso un periodo di pausa, proprio per scrivere nuovo materiale. Non escludo tuttavia ci sarà l’occasione per qualche concerto nel prossimo autunno.
Sogni o desideri nella notte di San Silvestro?
Essere a casa, in salute, con la mia famiglia è quanto di meglio possa desiderare. Spero sarà un periodo rilassante, l’anno prossimo sarà decisamente intenso!
Ti ringrazio per il tuo tempo e ti auguro tutto il meglio per la tua carriera musicale.
Grazie a te, è stato un piacere!
SUSANNA ZANDONÀ
Better known as Violent Lullaby or "The Wildcat" a glam rock girl* with a bad attitude. Classe 1992, part-time waifu e giornalista** per passione. Nel tempo libero amo inventarmi strambi personaggi e cosplay, sperimentare in cucina, esplorare il mondo, guardare anime giapponesi drammatici, collezionare vinili a cavallo tra i '70 e gli '80 e dilettarmi a fare le spaccate sul basso elettrico (strumento di cui sono follemente innamorata). *=woman **=ex redattrice per Truemetal