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Renato Caruso oltre Pitagora: il rapporto tra musica e matematica

Renato Caruso oltre Pitagora: il rapporto tra musica e matematica

In concomitanza con la conferenza “Des chiffres et des notes” tenutasi a Marsiglia l’ 11 Ottobre scorso, abbiamo intervistato Renato Caruso: ‘chitarrista, compositore e divulgatore’ impegnato in corsi e seminari da Pitagora all’AI

L’11 Ottobre hai tenuto una conferenza a Marsiglia: “Des chiffres et des notes” quali argomenti hai trattato? 

Ho trattato argomenti come filosofia, matematica, scienza, astronomia e musica.

Per l’occasione ti sei esibito insieme alla cantante Greta Cominelli e al percussionista Gaetano Cappitta, interpretando alcuni brani del tuo repertorio. Quali avete scelto e per che motivazione? 

Ho scelto brani come Pitagora Pensaci Tu, La tela Di Godel, ecc. Il motivo è semplicemente perché sono inerenti alle mie argomentazioni sul tema proposto: “scienza e musica”.

Parli del rapporto tra musica e altre discipline tra cui la matematica. Mi chiedo se questo possa essere spiegato anche in maniera “biologica”.  Seppur oggi la teoria sulle lateralità del cervello venga fortemente messa in discussione dalle neuroscienze, l’ipotesi secondo la quale i due emisferi tenderebbero a specializzarsi in determinate funzioni “specifiche” sembrerebbe essere fondata.
Ghettizzare la musica all’interno dell’emisfero destro del nostro cervello (quello più irrazionale e creativo) e le aree analitiche, ovvero quelle del calcolo matematico e del linguaggio, in quello sinistro è totalmente fuori discussione. Entrambi gli emisferi lavorerebbero in maniera integrata quando si tratta di relazionarsi con la musica: il cervello sinistro analizzerebbe le strutture ritmiche o logiche come la lettura e quello destro l’aspetto emotivo e la tonalità della musica. Cosa ne pensi? 

Per quello che ho studiato in università, nella ricerca, ho compreso che le neuroscienze stanno compiendo passi da gigante.
La nostra comprensione della musica, sia dal punto di vista fisico che psicologico, rimane incompleta.
Il percorso del suono dall’ orecchio al cervello è complesso e coinvolge miliardi di neuroni che comunicano attraverso impulsi, simile a una rete informatica.
Quando ascoltiamo una canzone, l’orecchio attiva il cervello, dove diverse aree si attivano simultaneamente, creando una sinfonia di neuroni che rilasciano dopamina, influenzando le emozioni. L’emisfero destro si concentra sull’ immaginazione, mentre il sinistro decodifica le strutture musicali.
Durante l’analisi di uno spartito, la corteccia visiva codifica le note e le trasmette alla corteccia motoria e all’area emozionale.
A differenza della comunicazione verbale, che attiva solo il lato sinistro, l’ascolto musicale coinvolge più aree cerebrali. Questo processo è anche una questione di previsione. Mentre ascoltiamo, il cervello cerca schemi e conferme, motivo per cui battiamo le mani a tempo. Analogamente, in armonia, dopo un accordo, ci aspettiamo un ritorno a quello principale, che offre una sensazione di risoluzione, come tornare a casa.
Il cervello è elastico e può adattarsi a nuove sequenze, apprendendo a riconoscere diversi schemi musicali. Queste idee rappresentano lo stato attuale delle neuroscienze applicate alla musica, ma il panorama potrebbe evolvere ulteriormente.

La musica viene utilizzata anche come strategia pedagogica nell’apprendimento linguistico, attivando le stesse aree cerebrali coinvolte nell’ elaborazione del linguaggio e facilitando l’apprendimento di nuove strutture linguistiche. Alcuni studi dimostrerebbero, in effetti, come la musica non solo aumenterebbe la concentrazione, ma incrementerebbe la capacità di memorizzare parole e frasi, in quanto le melodie creerebbero un “gancio mnemonico”. La musica è propedeutica al linguaggio o viceversa? 

La musica funziona attraverso schemi (pattern) che sono facili da ricordare.
Se associamo a questi schemi testi o movimenti, diventa molto più semplice memorizzarli. Ad esempio, pensiamo a come memorizzare un passo della Divina Commedia: l’abbinamento delle note rende il testo più accessibile, e viceversa.
In questo modo, i due elementi si supportano a vicenda. Analogamente al teatro, dove non ci sono solo le parole, ma anche i movimenti, la musica e il testo si intrecciano, arricchendo l’esperienza complessiva.

Saprai meglio di me che ogni musicista ha un differente modo di approcciarsi allo studio sullo strumento, c’è chi semplicemente “ha orecchio” e chi si affida allo studio con un approccio più minuziosamente ‘matematico’ / ‘linguistico’ (come analizzato prima) o ancora ‘visivo / spaziale’. Tu quale credi di utilizzare maggiormente? 

Sono partito dal primo “ad orecchio” perché mio padre suonava ogni giorno.
Poi mi disse: studia perché solo così potrai andare avanti, altrimenti avrai sempre un limite. E così ho fatto. Papà è un filosofo.

L’informatica è un altro tema che ricorre nella tua produzione. Mi vuoi parlare di come ti sei appassionato a questa disciplina e in che modo la applichi nei tuoi brani? 

A scuola ero bravo solo in matematica; in effetti, era l’unica materia che mi piaceva. Le altre, invece, non mi interessavano affatto. Poi, tutto è cambiato. Quando è arrivato il momento di iscriversi all’università, ho scelto informatica. Non chiedermi il motivo, ma pensai che, essendo bravo in matematica, ci fosse un legame tra informatica e matematica. In realtà, non avevo neanche un computer; ci avevano rubato il nostro quando eravamo piccoli, e ci era rimasto solo un Commodore 64 per giocare. Mi iscrissi al corso di laurea in informatica, solo per rendermi conto, dopo la prima lezione di Analisi 1, che era praticamente tutto il programma del quinto anno del Liceo Scientifico. Essendo passato da un liceo scientifico a un magistrale, avevo accumulato troppe lacune in matematica. Ma perché avevo fatto questo passaggio? Volevo concentrarmi sulla musica e dedicare poco tempo agli studi, eccetto che alla matematica. Decisi quindi di trasferirmi da Informatica a DAMS Musica, così da potermi riavvicinare alla musica. Andai in segreteria a Bologna nel 2000 e la segretaria mi disse: “Ieri era l’ultimo giorno per il trasferimento, ora ne parleremo l’anno prossimo.” Era destino. Mi dissi che avrei studiato e recuperato tutto, e così feci. A un certo punto, mi chiamavano “secchione”. Da lì, mi appassionai al mondo dell’informatica: Linux, Mac OS, scripting, intelligenza artificiale. Mi sentivo un hacker… ma rimanevo sempre Renato, quello con la chitarra che la sera faceva divertire tutti nello studentato, mentre al mattino studiava intensamente per superare gli esami.

Musica è matematica tanto quanto un rapporto aureo è arte o il chiasmo di Policleto è fisica? 

Prima di rispondere ho dovuto studiare il “chiasmo di Policleto”, non sapevo e grazie del prezioso nutrimento. La risposta è: dipende dalla persona con cui parli. Se ti rivolgi ad un musicista potrebbe infamarti, al contrario, ad un matematico che suona uno strumento gli viene il sorriso in viso tipo smile.
Io sono un ibrido, per me la musica è anche matematica, quindi non possiamo prescindere da alcune regole.
Come diceva Mizler: “la musica è il suono della matematica”. E ancora, Leibniz, in una lettera al matematico Goldbach, affermava: “La musica è un esercizio occulto dell’aritmetica, nel quale l’anima non sa di calcolare.” A tal proposito per me la musica è il suono dell’anima numerica.

Ci sono particolari teorie o formule matematiche che ti hanno guidato nella composizione dei tuoi brani? 

Il mio lavoro non è tradurre concetti musicali in espressioni musicali, anche se mi piacerebbe.  Uso le tracklist dei miei progetti discografici per raccontare la storia della musica dal punto di visto scientifico. Al momento mi limito a raccontare la storia di scienziati che avevano un’anima musicale.
Però il mio è un chiaro riferimento al fatto che la musica nasce come scienza oppure come opera mistica e forse tornerà ad essere tale.
Ritorneremo al tempo in cui Pitagora studiava la musica come forma mentale non come instrumentalis, quindi forse, oggi con l’IA, torneremo alle vere origini.

Puoi spiegare ai nostri lettori cos’è un “big chord” e perchè l’hai scelto come titolo per il tuo ultimo album? 

Per quanto riguarda il titolo del disco per me l’universo è un lungo e aggrovigliato pentagramma. I pianeti sono note che descrivono questa musica celeste che qualcuno chiamò musica delle sfere, udibile da pochi. E tutto iniziò con il Big Chord, paragonabile al Big Bang: non si trattava di materia ma di un accordo musicale che venne suonato con un’intensità talmente forte da frantumarsi in mille pianeti, cioè le note. Come nel gioco della carambola. Nell’armonia di quell’accordo c’è tutta la musica descritta dal cosmo, le costellazioni sono generi musicali e ogni tot di anni arrivano sulla terra. In principio era musica, poi spirito e numero.
Molti astronomi si sono serviti delle leggi della musica per formulare le loro teorie, parliamo di Copernico, Keplero, Newton e tanti altri. Addirittura scrivono libri che parlano di astronomia e musica. Ci sarà sicuramente una connessione.
I pianeti sono note e le note frequenza, vibrazioni. Rimane l’enigma di chi ha suonato così forte questo accordo e se fosse stato di tipo maggiore o minore.

“La teoria del big chord” sembra rifarsi alla 8-bit sound o chiptune, musica videoludica nata negli anni 80 grazie a precursori come Rob Hubbard. Un fenomeno oggi fortemente tornato in auge grazie al retrogaming: vuoi spiegarci in cosa consiste e da cosa differenzia la tua produzione? 

Volevo rendere omaggio al mondo degli 8 bit, riflettendo su come siamo passati dai suoni di quei primi computer alla musica elettronica di oggi. Per questo disco, ho utilizzato dei plugin software per emulare i suoni dei vecchi home computer.
Il mio processo creativo prevede di scrivere i brani in Sibelius, nota per nota, e poi collaborare con il mio produttore, Andrea Mietta, per scegliere i suoni.
Sebbene abbia fatto diversi esperimenti con il mio Commodore 64, programmando alcune melodie in Basic, i risultati non erano all’altezza degli standard musicali odierni. Pertanto, abbiamo deciso di affidarci esclusivamente ai plugin.  

Cosa significa esattamente “8 bit”? 

Il termine “8 bit” si riferisce alle prime macchine, computer e dispositivi che utilizzavano un’architettura a 8 bit per elaborare i dati. Ricordiamo che il bit è l’unità di informazione fondamentale nei computer: più bit abbiamo, maggiore è la precisione che possiamo ottenere. Ad esempio, con un solo bit abbiamo due opzioni, come il bianco e il nero, o in musica, solo due note. Con 8 bit, invece, si hanno 2 elevato a 8, ovvero circa 256 possibilità di colori o suoni. Oggi, le macchine operano a 64 bit, il che consente una precisione e una gamma di opzioni molto più elevate.  Per questo motivo, i primi suoni erano molto semplici. Ho creato uno schema generale del linguaggio binario; tuttavia, delle 256 possibilità disponibili, solo alcune vengono realmente utilizzate per i suoni, ma non voglio dilungarmi su questo. Negli anni ’80 la musica era composta digitalmente con un chip sonoro che riconvertiva impulsi elettronici in onde analogiche.

Possiamo considerare la tua musica come evoluzione della “computer music”? In altro modo come la definiresti? 

Potremmo anche considerarla evoluzione della computer music ma credo ci siano già molti progetti in giro con i suoni 8 bit. Forse una musica bossa-8 bit non l’ha mai fatta nessuno!

Quasi tutti i nativi digitali hanno un motivetto per console con cui hanno giocato nel passato che gli è rimasso impresso come indelebile nella memoria e di cui non riescono a sbarazzarsi. Nel mio caso si tratta del tema della città di Lavandonia composto da Junichi Masuda per Pokèmon Rosso. Qual è il tuo? 

Super Mario Bros!! 

I brani dell’album sono ispirati a grandi personalità del passato e del presente: filosofi, fisici, astrologi, astronomi, geografi ma anche registi e pittori che ti sei divertito ad associare diversi attributi qualificativi, che processo mentale hai seguito? 

Come dicevo precedentemente, uso le tracklist per raccontare qualcosa. In questo caso ho studiato un po’ di filosofi-astronomi che si sono occupati della musica delle sfere da Pitagora in poi. Un concetto ripreso sempre da più scienziati con una visione mistica della scienza.

Quali le tue prossime mosse? 

Ci saranno alcuni concerti e (si spera) appuntamenti sulle mie lezioni-concerto sulla scienza della musica.  Sul mio sito trovate i prossimi eventi nella sezione agenda.

SUSANNA ZANDONÀ