Queen Of The Stone Age The End Is Nero @ Milano I-Days 06.07.2024
Queen Of The Stone Age The End Is Nero @ Milano I-Days 06.07.2024
Carl Gustav Jung disse a proposito dell’opera Ulysses di James Joyce: “sai come il diavolo tortura le anime nell’Inferno? Le mantiene in attesa.”
Nel caso del concerto dei Queens Of The Stone Age previsto agli I-Days di Milano il concetto di tortura si protrae per una mezza giornata buona, durante la quale si attende con ansia una possibile conferma (o smentita) del concerto stesso.
Nonostante l’annullamento della data in calendario a Bassano del Grappa per AMA Music Festival e le avverse condizioni metereologiche che prevedevano pioggia, i QUOTSA si presentano sul palco piuttosto puntuali con una spettacolare coreografia di luci triangolate all’occorrenza.
Il viso del frontman Josh Homme appare da subito contrito in una smorfia di sofferenza. Madido di sudore e concentratissimo rimane ritto immobile davanti al pubblico, prestandosi indomito alla rappresentazione più drammatica della vita che si erge strenuamente sul baratro della morte.
Memento mori. Dolore e disperazione ma anche desiderio e virilità, situazioni antitetiche e contrastanti: “Little Sister” apre le dance macabre, canzone immorale ed inquietante da Lullabies to Paralyze (2005): rock’n’roll allo stato brado, Elvis the pelvis in the Memphis. Si tradisce il dolore delle mani contratte sul manico della chitarra e Dean Fertita arriva in soccorso. Atmosfere tratte da un horror movie degli anni ’70 mischiate al candore innocente di una gota morbida.
“Smooth Sailing” e la successiva “My God Is The Sun” da “…Like Clockwork” (2013) sono l’ottima occasione per salutare i fan con un tonante e bislacco “buonanotte” che suona, uscito dalle labbra di Homme, come un tentativo di avvicinarsi all’idioma parlato.
Ma è con “The Evil Has Landed” che i Villains offrono il meglio di sè dando in escandescenza, un bassista (Michael Shuman) all’ottimo della forma, quasi imbarazzante la voluttà di queste linee di basso così libertine, un batterista (Jon Theodore) decisamente bollente e su di giri. Impossibile smettere di muoversi.
Il diavolo col suo forcone attizza i carboni ardenti sotto ai piedi degli infedeli che ancora dubitavano della grandezza di questo gruppo.
In origine era Kyuss, la divinità dello stoner rock, poi sono divenuti Regine metamorfizzandosi in un miscuglio di heavy metal barra alt rock psichedelico senza precedenti.
Le tracce tratte da “In Times New Roman…” convincono meno, manca un po’ di quella foga trascinante, sono frutto di un periodo oscuro e come tali trasmettono le ombre fioche e stanche del patimento, eppure i musici sul palco danno il meglio di sè e quando escono con “I Sat By The Ocean” e “Go With The Flow” il pubblico esplode in un boato micidiale. “Make It Wit Chu” è l’unico abbellimento prima di calare il sipario su “Songs for the Dead“, nessuna encore, nessun saluto.
Un semplice inchino e se ne vanno, lasciando l’adrenalina in corpo e l’amaro in bocca. A volte i sentimenti bruciano come ferite.
È il caso di questa breve ma intensa esperienza.
SUSANNA ZANDONÀ
Credits: si ringrazia About Srl per la gentilissima disponibilità e la perfetta organizzazione dell’evento.
BAND:
Joshua Homme (voce, chitarra)
Troy Van Leeuwen (chitarra)
Dean Fertita (chitarra)
Michael Shuman (basso)
Jon Theodore (batteria)
SETLIST:
Little Sister
Smooth Sailing
My God is the Sun
Evil has landed
Paper machete
Emotion sickness
I sat by the ocean
Time and place
Go with the flow
Lost art of Keeping a secret
Carnavoyer
Make it wit chu
Millionaire
No one knows
Song for the Dead
Better known as Violent Lullaby or "The Wildcat" a glam rock girl* with a bad attitude. Classe 1992, part-time waifu e giornalista** per passione. Nel tempo libero amo inventarmi strambi personaggi e cosplay, sperimentare in cucina, esplorare il mondo, guardare anime giapponesi drammatici, collezionare vinili a cavallo tra i '70 e gli '80 e dilettarmi a fare le spaccate sul basso elettrico (strumento di cui sono follemente innamorata). *=woman **=ex redattrice per Truemetal