Lombroso – Intervista per Bellafine
Una “Bellafine” potrà mai essere un buon auspicio? Ne parliamo con i Lombroso, al loro terzo album
Siete un duo un po’ come Jack e Meg degli White Stripes: Dario Ciffo chitarra / voce e Agostino Nascimbeni, batteria. Voi però non siete parenti. Tuttavia seppur il vostro non si possa definire un vero e proprio vincolo di sangue, dal momento che ormai suonate insieme da vent’anni si potrebbe iniziare a definirvi “congiunti”. In ogni caso il vostro è sicuramente una legame covalente. Mi raccontate come vi siete conosciuti?
Io ed Ago siamo amici di vecchia data, ci siamo incontrati direttamente sui palchi milanesi in situazioni di jam.
Siete al terzo album. Mi chiedo come mai intitolarlo proprio “bella fine”, non sarebbe piuttosto di buon auspicio un “buon inizio”?
Bellafine, perché una fine dà l’avvio a qualcosa di nuovo e di imprevisto. La chiusura di un capitolo non deve necessariamente essere considerata come negativa.
“Bellafine” è un album variegato che risente di molte influenze. E’ difficile inquadrarlo in un genere ma potrei definirlo un indie rock che affonda le proprie radici nel cantautorato italiano anni 60/70, in particolare citate spesso Lucio Battisti…
L’indie rock è una categoria che non mi piace, potrei dire piuttosto che si tratta di un rock melodico suonato alla vecchia maniera. Sicuramente Battisti ci ha segnato nella nostra formazione musicale.
La copertina dell’ album coglie un’ atmosfera sognante e fiabesca che per analogia mi fa affiorare alla mente il disco del debutto solista di un’ assoluta icona rock al femminile: una certa Stevie Nicks che in “Belladonna” era anch’essa vestita di bianco. Questo candore innocente, l’atmosfera vagamente naïf tratteggia in maniera disinibita anche l’atmosfera che a tratti trapela dalle vostre canzoni…
Nella copertina ci piaceva l’idea di una figura femminile di spalle, come a voler rappresentare una fine ed inserirla in un’ ambientazione quasi onirica.
Proponete 8 canzoni “tirate fuori da un cassetto” come mai l’esigenza di pubblicarle proprio adesso?
Eravamo fermi da parecchio tempo, in effetti non vi erano molte alternative… o ci scioglievamo definitivamente o davamo luce a qualcosa di nuovo.
I pezzi raccolti in questi anni ci convincevano ed abbiamo preferito raccoglierli in un lavoro unitario piuttosto che uscire con dei singoli.
“Sentimento Rock” è scritta dal paroliere (anche se il termine risulta un po’ riduttivo per definire questa grande personalità) Mogol ed è musicata insieme a Morgan. Un brano che ha una sua genesi pre-pandemica, me la raccontate?
“Sentimento Rock” nasce da una proposta dentro ad un’altra proposta, quella di Morgan di fare ascoltare questo brano a Mogol. Ovviamente per noi rappresenta una chiusura di un cerchio, data l’affezione al suo lavoro con Battisti.
Il 15 Maggio avete previsto un realase party al Mosso di Milano, uno spazio posto all’estremo confine di Via Padova che ha lo scopo di avvicinare la complessa realtà di quartiere alla città metropolitana. Cosa è successo durante questa serata?
Il concerto al Mosso di Milano è stata la “prima ufficiale” in cui abbiamo suonato le nuove canzoni.
C’erano parecchi amici che da sempre sono vicini alla nostra formazione, la quale per la serata si è ampliata di altri strumentisti: Giuseppe Fiori al basso, Boris alle percussioni e agli effetti elettronici, infine Azzurra Nebula al sax.
Trovo molto genuina la scelta di uno spazio dedicato ai giovani. Mosso è un luogo di aggregazione che favorisce l’inserimento lavorativo e stimola l’inclusione, il confronto e il dibattito attraverso la condivisione di progetti a sfondo culturale come laboratori, workshop, market, talk e festival.
Mi piace immaginare in maniera forse un po’ romantica, che proprio la musica sia da sempre “ancora di salvezza” per i molti ragazzi che vi si approcciano. Anche il paragone “nautico” sorge spontaneo davanti ad un organismo che nel nome richiama il mare…
Il Mosso è un luogo polifunzionale nato abbastanza recentemente, in un quartiere multietnico che si sta rivalutando e che sta attirando giovani ma soprattutto una clientela diversa, rendendo il vecchio Nolo, quello un po’ pericoloso, un lontano ricordo. Modello di integrazione culturale e urbana, in continua evoluzione.
Salutate i nostri lettori in stile Lombroso…
Salutiamo i vostri lettori che hanno avuto la pazienza di leggere fin qui, siate sempre curiosi e sostenete la buona musica. La musica salva sempre.
SUSANNA ZANDONÀ
Better known as Violent Lullaby or "The Wildcat" a glam rock girl* with a bad attitude. Classe 1992, part-time waifu e giornalista** per passione. Nel tempo libero amo inventarmi strambi personaggi e cosplay, sperimentare in cucina, esplorare il mondo, guardare anime giapponesi drammatici, collezionare vinili a cavallo tra i '70 e gli '80 e dilettarmi a fare le spaccate sul basso elettrico (strumento di cui sono follemente innamorata). *=woman **=ex redattrice per Truemetal