IL MAESTRALE – Intervista al collettivo mediterraneo
In occasione dell’uscita del singolo “Euridice”, seconda parte di φωνές (fonés dal greco, in italiano “voci”), raccolta dedicata a voci lontane che affondano le origini nel mito e nella tragedia classica ma capaci di sussurrare anche agli uomini di oggi, ho intervistato Il Maestrale, un collettivo di musicisti che fonde con stile e originalità la musica pop rock ed elettropop con l’etnicità delle sonorità mediterranee.
Il loro sound è unico e coinvolgente: il MEI meeting ha definito il loro genere musicale “mediterraneo post-moderno”.
Ciao ragazzi e benvenuti su TuttoRock, “Euridice”, è la seconda parte del vostro interessantissimo progetto φωνές (fonés dal greco, in italiano “voci”), sono previste altre uscite?
Simona Valenzano: Abbiamo molte canzoni ancora nel retrobottega, ci stiamo concedendo del buon tempo per conciliare le nostre idee e trasformarle in progetti nella maniera più spontanea possibile. Se parliamo di uscite a brevissimo termine, direi proprio di no, ma qualcosina sta iniziando a scaldarsi in pentola. Per quanto concerne la raccolta fonès, ci tengo a precisare che si tratta di una raccolta aperta, pronta ad accogliere altri brani.
Un brano nato quando e come?
Nicholas Palmieri: Euridice è stata scritta quasi due anni fa. In quel periodo le perdite di una persona cara e di uno dei miei principali riferimenti artistici come Franco Battiato mi avevano condotto ad immaginare un ménage à trois tra me, le persone da me amate e la morte in cui inevitabilmente, prima o poi, è quest’ultima a prevalere. Quando la morte si “innamora” di qualcuno non c’è nessuno che riesca a sfuggire alla sua seduzione. Paradossalmente ho pensato che l’amore che la morte prova per le sue “vittime” sia qualcosa di ineguagliabile. Nell’impossibilità di sfuggire alla morte dovremmo, in vita, imparare ad amare in maniera eterna e totalizzante come la morte fa. Da qui il disperato invito del ritornello: “Amami come la morte”.
Che riscontri state avendo da questi due brani?
Alessandra Valenzano: Positivi, sebbene siamo canzoni meno dirette del solito, specie Medea. Raccogliere consensi da parte di gente che studia lettere, che fa dei classici il motivo dei propri studi, ma anche da persone che semplicemente apprezzano il pezzo senza la stringente necessità di spiegarne il contorno è davvero speciale per noi. Crediamo che la musica sia sempre un modo per affermare sé stessi, tanto per chi la fa, tanto per chi ne fruisce. Anche per chi faccia o ascolti musica non diretta, della cosiddetta “nicchia”. Noi facciamo sempre ciò che ci va, e siamo sempre convinti ci sia gente che ci apprezzerà così come siamo. Euridice ne è la prova: ogni nostro concerto, posso affermare con fermezza, è stato sempre seguito da qualcuno che ci chiedeva Euridice come bis, oppure ci veniva in contro chiedendoci: “com’è che si chiama quella canzone sulla morte?”. In particolare, quando abbiamo suonato in apertura ai Coma Cose l’estate scorsa: una delle più belle sensazioni è stata quella di vedere il pubblico, al secondo ritornello, intonare con noi le parole del pezzo. È una canzone diretta, semplice. Si percepisce tutto l’amore di chi l’ha scritta, quello di Nicholas. Medea, invece, è la canzone con cui di solito chiudiamo i live. È energica, arrabbiata e furente. Ci piace chiudere così. Sono due canzoni che il nostro pubblico aspettava molto.
Avete partecipato alle finali del prestigioso Arezzo Wave, che esperienza è stata?
Alessandra Valenzano: L’Arezzo Wave è stata un’esperienza bella che ci ha arricchito di conoscenze personali, umane e musicali. Un pezzo importante della nostra storia, specie con riguardo alla nostra unione come amici, colleghi e compagni di viaggio. Per noi queste sono sempre priorità. È quasi scontato sottolineare infatti quanto sia stato un onore per noi rappresentare la nostra regione Puglia, con cui abbiamo un legame viscerale, e vincere uno dei premi di Rockit. Abbiamo portato su quel palco uno dei pezzi che più parla di noi e della nostra terra: speriamo che presto si possa proporre come prossima uscita. Ci stiamo lavorando ancora, siamo dei perfezionisti e ci piace fare le cose lente.
Avete suonato anche all’estero, com’è stata accolta la vostra proposta musicale e culturale in paesi lontani come la Danimarca?
Nicholas Palmieri: La musica è un linguaggio universale che da sempre unisce mondi lontani. La stessa musica che ascoltiamo è frutto di contaminazione con altri linguaggi. Penso che per natura l’uomo sia portato alla ricerca e alla scoperta di qualcosa di diverso da sè: noi richiamiamo spesso dei tòpoi legati alla nostra tradizione e questo è stato apprezzato qui in Italia, all’estero siamo diventati esotici e questo è stato l’elemento accattivante che ci ha permesso di venire apprezzati anche in lidi lontani dal nostro mediterraneo. Il simile conosce il simile, vero; il simile conosce il dissimile, altrettanto vero.
A proposito di concerti, ne avete in programma prossimamente?
Alessandra Valenzano: Al momento no. Abbiamo scelto volutamente, seppur con sofferenza, di non prendere date e di dire di no a chi ce lo chieda attualmente perché vogliamo concentrarci sulla scrittura e produzione di nuovi pezzi. Abbiamo bisogno di posare un attimo l’attività live e scrivere nuove canzoni, di mettere nero su bianco i pensieri che abbiamo macerato in questi due anni non-stop. Abbiamo suonato all’estero, portato la nostra musica in tutta Italia, teatri, club, locali; conosciuto persone, percorso chilometri con una Panda piena di strumenti e cinque persone. Quando sei così pieno di cose da fare nell’immediato, è facile scordarsi perché tu abbia iniziato a fare tutto questo, il motore iniziale. Cominci a farti prendere da un turbinio di imperativi morali e sensazioni di FOMO che ti portano a dover dire di sì a tutto e, al contempo, a soffrire perché non riesci del tutto a colmare le tue esigenze umane, anche di scrivere un pezzo che possa banalmente piacere solo a te. Noi siamo autori e abbiamo bisogno tanto di promuovere la nostra musica, tanto di farne di nuova attraverso la contemplazione e la creazione lenta, non finalistica. Siamo certi che quando ci rivedremo sarà ancora più bello.
Quando e come nasce il progetto “Il Maestrale”?
Alessandra Valenzano: Il Maestrale nasce da una naturale necessità di aggregazione nell’estate del 2021. Io suonavo come solista ma collaboravo già con Simona, mia sorella, e Nicholas, mio collega giurista conosciuto tra musica ed università. Entrambi avevano le loro situazioni musicali soliste o indipendenti, ma li reputavo – e reputo tuttora – i miei autori preferiti, i miei collaboratori perfetti e congeniali. I nostri stili si sono uniti spontaneamente e naturalmente generando un fronte unico cui non sapevamo dare un nome, di cui, pertanto, ci accontentavamo di dire producesse canzoni che prima o poi sarebbero uscite, in qualche modo. A questo si sono aggiunti Paolo e Dario che hanno saputo creare musicalmente un collante magico per le nostre canzoni. Il Maestrale nasce in un fine agosto torrido, in un garage che ci ha ricordato come ci si sente a sedici anni quando vuoi fare musica solo perché ti piace farla. Non c’era progetto, non c’era finalità se non quella di far vivere quei pezzi che hanno acquisito vita propria. Noi le canzoni le chiamiamo “le bambine”: credevamo avessero diritto di nascere e uscire dal cassetto. Effettivamente, da non avere alcun progetto o finalismo, Il Maestrale è stato furente e impetuoso nel saper convincere tutti coloro che abbiamo incrociato e, nel giro di qualche mese dal primo singolo pubblicato nell’aprile del 2022, dopo quasi un anno di lavoro sottobanco di cui nessuno sapeva, ci siamo ritrovati – senza alcun tipo di etichetta o agenzia a supportarci, cosa che ancora non abbiamo – a suonare in teatri e situazioni bellissime sparse per l’Italia. Così, nel tempo, si sono avvicinati tutti gli altri ragazzi del collettivo che con la propria unicità aggiungono sempre qualcosa a quanto noi intendiamo artisticamente dire. Allo stesso modo, altre cose e persone sono cambiate. Adesso non possiamo certo più dire del tutto che non abbiamo finalità, però manteniamo il più possibile un nucleo essenziale di priorità umana: fare quello che amiamo. Il Maestrale vive di questo, di persone che credono in questo progetto e lo portano avanti per amore. Le cose potranno cambiare nel tempo, le persone anche, ma finché ci sarà voglia di raccontare qualcosa e di scrivere, Il Maestrale sarà il nostro contenitore felice.
Come mai vi considerate un collettivo e non una band?
Simona Valenzano: Di base noi ci sentiamo più degli autori che degli esecutori. Per noi fare musica non consiste nel virtuosismo, né tantomeno nella necessità di dimostrare qualcosa, piuttosto vogliamo “far provare qualcosa”. Il nostro fare musica è frutto della voglia di produrre. Produrre s’intende in molti sensi, con testi, con cinema, con teatro e poesia. La nostra concezione è vicina a quella di un Cocteau che dava un nome univoco all’arte, quale “poesia”, sono di parte perché più che cantautrice mi ritengo una poetessa; la poesia si potrebbe diramare in cinema, danza, musica, disegno e tante altre forme d’arte. L’arte in tutti i sensi non può che essere coltivata all’interno di un collettivo. Perciò esistono persone come Alice Palumbo, Antonio Gentile, Maria Gesualdo, Giorgio Schino e altri collaboratori, che ci permettono di realizzare l’introspezione da più prospettive.
Grazie mille per il vostro tempo, volete aggiungere qualcosa per chiudere l’intervista?
Il Maestrale è un atto d’amore, entrate a farne parte.
MARCO PRITONI
IL MAESTRALE è un collettivo, nonché una società di mutuo soccorso, volta al raggiungimento di obiettivi comuni. È composto da:
PAOLO COLAIANNI – batteria
SIMONA VALENZANO – basso e voci
ALESSANDRA VALENZANO – voce e tastiere
NICHOLAS PALMIERI – chitarra e synth
Ma vede la partecipazione di altri componenti tra cui:
DAVIDE CAMPANALE – chitarra
MARIA GESUALDO – autrice
ALICE PALUMBO – fotografa e videomaker
Sono nato ad Imola nel 1979, la musica ha iniziato a far parte della mia vita da subito, grazie ai miei genitori che ascoltavano veramente di tutto. Appassionato anche di sport (da spettatore, non da praticante), suono il piano, il basso e la chitarra, scrivo report e recensioni e faccio interviste ad artisti italiani ed internazionali per Tuttorock per cui ho iniziato a collaborare grazie ad un incontro fortuito con Maurizio Donini durante un concerto.