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MARTINA DI ROMA – Intervista alla cantautrice

MARTINA DI ROMA – Intervista alla cantautrice

In occasione dell’uscita del disco d’esordio “Invisible Pathways”, ho avuto il piacere di intervistare la cantautrice milanese Martina Di Roma.

Martina si avvicina alla musica in tenera età, attraverso la danza e il canto. Si diploma in canto Jazz a Milano e frequenta il biennio di canto Jazz alla Siena Jazz University. Come solista e all’interno di ensemble suona in diversi locali e festival del milanese.

“Invisible Pathways” è un viaggio tra i pensieri e i momenti della vita della cantante, che qui mischia influenze jazz e un pop sofisticato e di respiro internazionale, un pianoforte complice e magnetico, ed è un racconto in prima persona, sincero, di paure, insicurezza ma anche voglia di superarle.

Ciao Martina, benvenuta su TuttoRock, che riscontri stai avendo dal tuo primo EP “Invisible Pathways”?

Ciao, grazie! Credo che stia andando bene, ero molto preoccupata del riscontro ma devo dire che ho raccolto molti messaggi e pensieri positivi. Questo mi rende molto soddisfatta!

6 brani, da me molto apprezzati, nati quando e come?

Grazie, davvero!! Ognuno di questi brani ha un preciso momento nel tempo e una propria nascita. Parto a ritroso: Spiral è un interludio, inizialmente l’avevo pensato come intro al disco ma credo sia perfetto a metà disco. Niente parole, solo cori e armonia molto semplice, è nato durante le registrazioni si può dire, avevo un’idea ma volevo che l’unione dei musicisti portasse al risultato finale. The Acrobat è nato inizialmente in italiano come “Sentieri Invisibili”, non sentivo che mi appartenesse così. Devo dire che mai avrei pensato di scrivere un brano così malinconico e misterioso, il testo tra tutti si distingue, ho voluto seguire più un’idea di poesia. Blurry, la versione del disco, è del 2022 ma la sua storia risale alla pandemia. Le versioni che ho buttato di questo pezzo non le so neanche contare, ma la sensazione che ho provato quando sono arrivata alla stesura finale non la posso descrivere, forse tra tutti è quello che più mi rappresenta ora. Bittersweet è nato di getto un pomeriggio in cui avevo questo bisogno di scrivere e ho buttato giù degli accordi, è un pezzo semplice, molto pop nella stesura. Healing è un blues minore, studiando jazz, il blues mi ha sempre spaventata per la sua semplicità e le mille insidie che si possono nascondere. A livello di scrittura è il più speranzoso di tutti, c’è una risoluzione, che è il motivo per cui chiude il disco. Infine, Butterfly, la nonna di tutte le mie canzoni. Credo l’anno fosse più o meno il 2019, ascoltavo un brano di Joe Henderson, “Black Narcissus”, e ho avuto un’illuminazione. Era sera tardi mi ricordo, testo e musica si sono susseguite e ne è nato un brano di cui vado molto fiera.

I musicisti che hanno suonato in questo disco sono stati scelti per amicizia, per stima, o per cosa?

Al piano c’è Pasquale Ivan Dante Rinaldi con cui sin dal 2018 ho iniziato un percorso musicale, abbiamo anche un duo insieme. Nathan Francis (contrabbasso) e Daniele Patton (batteria) li ho conosciuti tramite Pasquale a Helsinki, dove studiavano insieme e stavano registrando un disco (Maisemat, su Spotify, spaccano). Pasquale è una certezza, non avrei potuto chiamare nessun altro, mentre per quanto riguarda Nate e Daniele ero sicura fossero perfetti per il tipo di progetto che volevo portare avanti. Musicisti preparati, attenti, dalle mille idee, quindi la stima è tanta ma sicuramente c’è anche amicizia.

Quando e com’è avvenuto il tuo avvicinamento al mondo della musica?

Come dico sempre: il mio primo amore è stata la danza. C’è stato poi uno switch nello stesso momento in cui ho abbandonato la danza e ho incontrato il canto. Cantavo nella mia cameretta le canzoni dei Paramore e sognavo di poter fare quei brani come la loro cantante (Hayley Williams, tuttora una fonte di ispirazione per me). Così ho iniziato a studiare canto e verso la fine delle superiori mi era chiaro quale fosse la mia strada. Mi sono diplomata ai Civici Corsi di Jazz nel 2021 ed eccomi qui con un disco mentre finisco il mio ultimo anno di master in canto jazz a Siena.

In un periodo storico in cui molti si improvvisano musicisti o cantanti, tu che valore attribuisci alla parte didattica per chi vuole intraprendere una carriera musicale?

Tasto dolente! Lo studio è essenziale e, per me, obbligatorio. Per quanto riguarda il mondo della musica pop e jazz non credo sia strettamente necessario dover intraprendere un percorso accademico, per quanto ultimamente stia diventando indispensabile per ottenere riconoscimenti e diplomi. La conoscenza del proprio strumento è alla base di tutto il resto, se vuoi fare musica devi studiare, spenderci ore fino a diventare un tutt’uno con il tuo strumento (per noi cantanti è più facile, ce lo portiamo in giro 24 ore su 24). La conoscenza del proprio strumento dà credibilità e dà un senso di completezza. Trovo sbagliato far passare il messaggio che chiunque possa fare musica, non ci si sveglia cantanti/musicisti, lo si diventa per passione, sì, ma dietro ci devono essere anni di studi e di approfondimento. Altrimenti che cosa proponi al pubblico?

Quali sono gli artisti sia del passato che di oggi che più hanno influenzato il tuo modo di fare musica?

È una domanda complicata perché i miei interessi musicali sono cambiati nel tempo, anche per una questione di studio. Il mio primo amore sono state le band punk rock, in particolare, ribadisco, i Paramore, ad oggi la scrittura dei testi la sento molto influenzata dalla loro leader. Hayley Williams è stata fondamentale nella rifinitura del mio disco, ho ascoltato in loop il suo disco da solista e mi ha dato molte idee. La black music ha uno spazio importante nella mia vita (ovviamente il jazz che è anche il mio genere di studio), sono un’amante del soul e della musica R&B d’inizio 2000. Per dire alcuni nomi quindi Beyoncé, Jessie J, ovviamente Sarah Vaughan, Aaron Parks, John Coltrane, ognuno mi influenza per un motivo diverso.

Qual è il tuo più grande sogno musicale?

Il mio più grande sogno? Sicuramente avere una carriera musicale che mi soddisfi, essere gratificata da ciò che faccio ed essere fiera della mia musica e del mio percorso. Qualsiasi esso sia.

Grazie mille per il tuo tempo, vuoi aggiungere qualcosa per chiudere l’intervista?

Grazie a te per avermi dato questo spazio e per queste domande diverse dal solito! Alla prossima, con nuova musica!

MARCO PRITONI