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THE PAPER KITES – At the roadhouse

THE PAPER KITES – At the roadhouse

I The Paper Kites provengono da Melbourne la seconda città più popolata del continente australiano. L’area geografica è quella dell’attuale Stato federale di Victoria, da cui provengono gli aborigeni australiani che occuparono questi territori decine di migliaia di anni prima degli insediamenti europei. È la storia di Sam Bentley (Lead Vocals, Guitars, Harmonica & Mandolin) e Christina Lacy (Backing Vocals, Pianos, Wurlitzer, Rhodes, Guitars) che inizia nel 2009 e che nel 2010 giungono al completamento della formazione con l’aggiunta di Sam Rasmussen (Bass), David Powys (Backing Vocals, Guitars, Banjo), e di Josh Bentley (Drums).

Immediatamente dopo vengono registrati in autoproduzione WOODLAND (2011) e YOUNG NORTH (2012) che fecero da rodaggio al tanto atteso esordio di STATES (2013 – Nettwerk).  Una proposta quella del gruppo australiano fatta di sonorità semplici e gradevoli intrecci vocali, che ce lo fa chiaramente classificare come un folk-rock in cui non mancano comunque arrangiamenti più pieni che ne fanno intravedere un allargamento dei propri orizzonti. Due anni dopo a seguire TWELVEFOUR sempre su Nettwerk, conferma quanto appena scritto ed ove l’impasto sonoro di base non cambia lasciando alle chitarre elettriche maggior spazio, con il risultato di un suono energico ed ancor più affascinante.    I numerosi tour che faranno apprezzare ancor di più il gruppo in Australia ma anche in Canada Stati Uniti ed Europa, aiutano anche ad una più rapida crescita che porterà la band a pubblicare nel giro di un paio di anni album come ON THE CORNER WHERE YOU LIVE (2018) e ON THE TRAIN RIDE HOME (2019) che seppur privi del fattore novità, non faranno mancare momenti salienti e degni di nota.

Per la realizzazione del sesto lavoro il five piece australiano pone le proprie basi nella città mineraria di Campbell Creek dove un edificio che nel 1876 fu quasi totalmente distrutto da un incendio, è stato convertito in parte in uno studio di registrazione ed in parte in un locale ove suonare per il proprio pubblico. Il disco in questione è un lungo viaggio (ben 16 pezzi!) ove le atmosfere leggere della più classica mistura di folk e country la fanno da padrone e la voce di Bentley, è sempre la protagonista di narrazioni cantate che riescono sempre a coinvolgere ma risultando talvolta come già sentite.

Brani in cui fuoriesce una grande sensibilità pop ove anche l’innesto di collaboratori di lusso come Hannah Cameron (Backing Vocals, Organs, Piano & Percussion), Chris Panousakis (Backing Vocals, Guitars, Percussion) e di Matt Dixon (Pedal Steel, guitars) contribuiscono ad ampliare la consistenza di un sound che sa comunque rimanere fedele a sé stesso. Una band di persone genuine e scarmigliate che non vuole cavalcare l’onda del revival di una musica talvolta languida e che fa capo alla tradizione, senza però dimenticare di proporre anche momenti più vivaci e mai fuori contesto.

Smaglianti armonie e melodie avvolgenti che facilmente memorizzabili, si mostrano plasmate per un’atmosfera capace di riverberare mestizia ed amarezza, paiono prendere il sopravvento tra sentimenti svaniti e ricordi onnipresenti. Pur non essendo necessaria un’analisi delle singole tracce non si può non citare “Midnight moon” la cui ambientazione campestre diviene il biglietto da visita all’album e “Rollin’ on easy” testimonia quanto un brano country non sia una semplice trasmissione della memoria o un suo adattamento con ritmi odierni, ma quanto anche gli stessi accordi suonati in successione e con semplicità, possano rappresentare qualcosa di nuovo e di interesse. Ai suoni trascinanti ed anche un po’ melliflui di “Hurts so good” e “Marietta” ne suggellano l’equilibrio ritmico l’electric blues di “Black & thunder” e l’inaspettato respiro rock oriented di “June’s stolen car”, che danno la giusta scossa all’ascoltatore maggiormente amante di sonorità più tese.. Se “Mercy” si mostra eccessivamente strappalacrime, nel delicato incedere di “The sweet sound of you” è facile cogliere uno un bilanciamento tra le sonorità proposte, lasciando a “Darkness at my door” il ruolo di più che degno commiato.

Da primi passi mossi per i TPK sono passati più di due lustri ed in quest’ ultimo lavoro hanno capito come confermarsi tra i più sani ed onesti musicisti di un indie folk perlopiù tradizionale, dove il songwriting si muove (forse anche troppo …?)  su gradazioni molto intime, quasi come a voler dire: “quel che non trovate nella musica, potrete trovarlo nelle parole”.

CLAUDIO CARPENTIERI 

Tracklist:

 1. Midnight Moon
2. Till The Flame Turns Blue
3. Black & Thunder
4. Marietta
5. Rolling on Easy
6. Hurts So Good
7. Good Nights Gone
8. Burn The Night Away
9. June’s Stolen Car
10. Maria, It’s Time
11. The Sweet Sound Of You
12. I Don’t Want To Go That Way
13. Pocket Full of Rain
14.  Mercy
15. Darkness at My Door

Pubblicazione: 1 settembre 2023
Label: Nettwerk Music Group, Bertus

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VOTO

Band:
Sam Bentley (Lead Vocals, Guitars, Harmonica & Mandolin)
Christina Lacy (Backing Vocals, Pianos, Wurlitzer, Rhodes, Guitars)
David Powys (Backing Vocals, Guitars, Banjo)
Samuel Rasmussen (Bass)
Josh Bentley (Drums)
Hannah Cameron (Backing Vocals, Organs, Piano & Percussion)
Chris Panousakis (Backing Vocals, Guitars, Percussion)
Matt Dixon (Pedal Steel, Guitars)

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