CODEINE – Intervista al chitarrista John Engle
Prima dell’unica data italiana al Locomotiv Club di Bologna, ho avuto il piacere di intervistare John Engle, chitarrista dei pionieri dello slowcore, gli americani Codeine.
Ciao John, prima di tutto, come sta andando il tour europeo?
Ciao Marco, sta andando bene. Abbiamo fatto sei concerti finora, Dublino, Amburgo, Berlino, Praga, Vienna e Zagabria ieri sera, soffriamo ancora un po’ il jet lag. Sai, prendi un raffreddore e ci vuole un po’ per riprenderti, ti trovi nel furgone e devi affrontare lunghi viaggi. Ieri avremmo dovuto avere un giorno libero a Bologna, ma qualcuno da Zagabria ci ha chiesto di suonare. Allora abbiamo pensato, okay, vorremmo aver avuto il giorno libero a Bologna ma siamo felici comunque di suonare per voi.
1 EP e 3 LP (uno di questi, Dessau, pubblicato molti anni dopo) poi cosa accadde nel 1995?
Oh, beh, ci fermammo. Sai, i Codeine erano una cosa molto specifica, non avevamo molta libertà d’azione, le nostre canzoni risiedevano tutte all’interno di un ambito ristretto dal punto di vista sonoro e forse si potrebbe dire lo stesso dal punto di vista dei testi. Arrivammo al punto in cui pensavamo che se avessimo fatto di più, sarebbe stato difficile avere un suono molto diverso. Ci sarebbe stato nuovo terreno da scoprire? Pensavamo che quella sarebbe stata la fine.
Poi, nel 2012, il vostro ritorno, com’è avvenuto?
Beh, c’erano alcuni musicisti che avevano un’etichetta chiamata Numero Group, due ragazzi di Chicago che pubblicavano ristampe di oscuro R&B soul degli anni ’70, persone di cui non avevo mai sentito parlare, ma che scoprivano questi oscuri artisti soul o R&B, trovavano tutto il loro materiale e lo mettevano in ristampe su cofanetti che erano molto, molto ben fatti, ma destinati ad un pubblico molto ristretto. Quando erano più giovani, negli anni ’90, venivano ai nostri spettacoli e gli piacevamo davvero molto, sono rimasti in contatto con il nostro batterista Chris Brokaw e da qualche anno dicevano: “sai, forse ci piacerebbe davvero tirare fuori il cofanetto dei Codeine”. E quando Chris l’ha detto a me e Steve, abbiamo pensato, oh, ok, hanno detto che vorrebbero farlo? E così abbiamo lavorato, probabilmente per più di un anno, mettendo insieme questo cofanetto molto elaborato. E Steve, ad un certo punto durante tutto questo, ha detto, sai, non possiamo semplicemente far uscire questo cofanetto e restare a casa, dobbiamo andare in giro a suonare. Ci ha detto che avremmo potuto suonare 10 o 11 spettacoli, abbiamo pensato, okay, suoneremo questi 10 o 11 spettacoli. In precedenza è come se la gente ci avesse chiesto di suonare ad alcuni festival e noi avessimo rifiutato, forse pensavano che avremmo voluto più soldi. Quando abbiamo detto che avremmo fatto degli spettacoli, ci hanno detto: “per favore, venite a suonare ai festival”. Quindi abbiamo finito per suonare a questi festival, 10 o 11 in tutto, è stato molto piacevole.
Frigid Stars è un album perfetto per me e lo ascolto ancora molte volte ancora oggi, ne eravate consapevoli allora o ne siete diventati sempre più consapevoli col passare del tempo?
Grazie! Quando l’abbiamo registrato, avevamo suonato solo due volte dal vivo in assoluto. Probabilmente ci siamo esercitati dieci volte e abbiamo registrato il disco. Non sapevamo nemmeno con certezza che sarebbe nato un vero disco. Lo stavamo solo registrando e poi è stato pubblicato e sai, ci è piaciuto. Sicuramente sembrava nuovo e diverso. Io stesso, sai, non riuscivo davvero a pensare, beh, come suona? Ma è stato solo dopo che ci siamo sciolti, nel 97 o nel 98, che ho avuto un lettore cd portatile. Andavo in giro e pensavo: “Fammi ascoltare questo”. E mi è piaciuto.
Molte persone che conosco sottovalutano l’importanza degli anni ’90 nella storia della musica. Io penso che siano stati uno dei decenni più influenti, sei d’accordo con me?
Eh sì. Penso che mi piacciano sicuramente però anche alcune band degli anni ’80 come The Smiths.
A proposito di anni ’80, dopo la strepitosa cover di “Atmosphere” dei Joy Division avete mai pensato di andare in studio per registrare nuove canzoni?
No, no, no. Vorremmo solo che i Codeine restassero ciò che facevamo in quel momento, in quel posto, quando avevamo quell’età. E per noi dire: “ora possiamo ricominciare da capo”, no, siamo in un posto diverso e in un tempo diverso e quindi siamo diversi.
Qual è il momento migliore e quello peggiore della tua carriera musicale?
Bene, vorrei iniziare con il peggiore, così poi posso passare al migliore. Del momento peggiore ne parlavamo proprio ieri nel furgone. Dicevamo che quando abbiamo iniziato eravamo in una specie di ostello della gioventù in Austria nel 1991, c’erano dei punk dall’aria seria e gente con i denti mancanti, gente vestita con stivali e c’era un pubblicità sul fatto che fossimo della Sub Pop. E penso che questi ragazzi dicessero, oh, saranno i Mudhoney, saranno i Nirvana.
Siamo usciti e loro dicevano: “Cos’è questa roba?” Eravamo un po’ preoccupati per la nostra sicurezza, sai? La nostra musica era così lenta e silenziosa che potevamo sentirli parlare con i loro amici, dicevano che non gli piacevamo. Penso che i nostri momenti migliori siano stati nel 2012 quando suonavamo e tutti sapevano cosa stessimo facendo e perché lo stessimo facendo, e gli piaceva. Poi suonavamo a festival in cui non era mai successo la prima volta. Ci siamo sentiti molto apprezzati.
Che tipo di pubblico vedete oggi ai vostri concerti? Oltre ai fan storici ci sono anche ragazzi giovani?
Vediamo un sacco di persone che dicono: “Vi abbiamo visti nel 1992 o nel 93, non pensavo che avrei avuto la possibilità di rivedervi”. Penso che grazie a Internet i giovani siano più informati, non è più come ai vecchi tempi. Basta premere un pulsante e sembra che i ragazzi siano molto interessati allo slowcore, quindi escono per vedere di cosa si tratta.
Grazie mille, vuoi aggiungere qualcosa per chiudere l’intervista?
Amiamo l’Italia e vorremmo tornare e vedere più luoghi del vostro Paese. Mi è venuto in mente, sai, la prima volta che sono venuto in Italia, era il 1986. Quando siamo venuti a suonare con i Codeine poi, ho pensato: “oh, beh, è così carino qua” e poi dopo quel periodo non ho pensato “non tornerò mai in Italia”. Sono tornato forse una volta per lavoro ma poi ho pensato: “suoneremo ancora un po’ qui con i Codeine”.
Vorremmo vedere tutta l’Italia, ma questa volta abbiamo solo un giorno, sono felice di essere a Bologna ma mi piacerebbe vedere più luoghi magari tornando in futuro.
MARCO PRITONI
Band:
Stephen Immerwahr – voce e basso
Chris Brokaw – batteria
John Engle – chitarra
https://www.facebook.com/profile.php?id=100063529089958
https://www.instagram.com/codeinenyc/
https://open.spotify.com/artist/60CBjmRpwr02JwAd3Ho25U
** ENGLISH VERSION **
Before the only Italian date at Locomotiv Club in Bologna, I had the pleasure of interviewing John Engle, guitarist of the pioneers of slowcore, the Americans Codeine.
Hi John, first of all, how’s the European tour going?
Hi Marco! It’s going well. We have played six shows so far, Dublin, Hamburg, Berlin, Prague, Vienna and Zagreb last night. And we’re still, you know, a little bit jetlagged. You know, you have a cold and then it takes a hard time to recover and you’re in the van. We have some long drives. We were supposed to have a day off in Bologna yesterday, but someone from Zagreb asked us to please play. And we thought, okay, now I kind of wish we had the but I wish we had the day off in Bologna. But I was glad we played the show.
1 EP and 3 LP (one of this, Dessau, published many years later) then what happened in 1995?
Oh, well, we just stopped. You know, codeine was a very specific thing. We didn’t we didn’t have a lot of latitude so our songs were all within a narrow, you know, maybe sonically narrow and perhaps you could say the same for lyrically. And we just reached the end where we thought if we did any more, it would be hard to have it sound much different. And was there new ground to be discovered? We thought that will be the end.
Then, in 2012, your return, how did it happen?
Well, there were some music people who had a label called Numero Group, which are two guys in Chicago and who were putting out reissues like obscure soul R&B people from like the 70s, people I never heard of, but they would discover these obscure soul artists or R&B artists, and they would find all of their material and they would put them reissue them on these box sets, which were, you know, very, very nicely done, but for very narrow audience. When they were younger during the 90s, they were kids coming to our shows and they really liked us and they were in touch with our drummer Chris Brokaw and they had been saying for a few years, you know, we’d really like to maybe put out the box set for Codeine. And when Chris said this to Steve and myself, we thought, oh, ok, they said they wanted to do it? And so we worked, you know, probably for more than a year putting together this very elaborate box set. And Steve, at some point during all this, he said, you know, we can’t just have this box set come out and we just stay at home, we have to go and participate. So he said we could play 10 or 11 shows. So we thought, okay, we’ll play 10 or 11 shows. Stuff had built up like people had been asking about Codeine and we had been asked to play some festivals before and we had turned them down and I think maybe the festival people thought that we wanted more money. So when we said we would play shows, they said, please come and play the festival. So we just ended up playing these festivals and playing, you know, 10 or 11 shows, and it was very pleasant.
Frigid Stars is a perfect album for me and I still listen to it many times to this day, were you aware of it then or have you become more aware of it as time has gone on?
Thank you! When we recorded it, we had only played two shows ever. We had probably practiced ten times and we recorded the record. We didn’t even know for sure that it would be a record. We were just recording it and then it was put out and you know, we liked it. It certainly felt new and different. I myself, you know, I couldn’t really think of, well, what does it sound like? But it wasn’t until after we broke up, maybe a few years later, like, I don’t know, 97 or 98, I had a Discman. And I would go around and I was like, Let me listen to this. And I liked it.
Many people I know underestimate the importance of the 90s in the history of music. But I think they were one of the most influential decades, do you agree with me?
Uh, yeah. I think I like also some 80s bands for sure like The Smiths.
Speaking of 80s, after the amazing cover of “Atmosphere” by Joy Division have you ever thought of going to the studio to record new songs?
No, no, no. We just want, you know, Codeine was what we did in at that time, at that place when we were that age. And for us to say, now we can start it again just seems like, no, no, we’re we’re About to find a different place and a different time and we are different.
What is the best and worst moment of your musical career?
Well, let me start with the worst so then I can go to the best. The worst moment we were just talking about in the van yesterday. We were saying when we first started, we were in a in like a almost like a youth hostel in Austria in 1991, there were like some kind of serious looking punks and and people with missing teeth, people dressed in boots and and there was an advertisement about the fact that we were from Sub Pop. And I think these kids were like, oh, it’s going to be Mudhoney, it’s going to be Nirvana.
We walked out and they were like, What is this? And we were actually a little worried for our safety, you know? Our music was so slow and quiet that we could hear them talking to their friends, saying that they didn’t like us. I think our best moments actually, I think was in 2012 when we were playing and everyone sort of knew what we were doing and why and they liked it. And we were playing festivals that it never happened the first time. We felt very appreciated.
What kind of audience do you see today at your concerts? In addition to the historical fans, are there also young guys?
We see lots of people who say,I saw you in 1992 or 93. You know, I didn’t think I’d get a chance to see you again. We I think because of, you know, the Internet, young people can just you know, it’s not like it was in the old days. You just press a button and the kids seem to be into slowcore a lot so then they come out to see what it’s all about.
Thank you very much, do you want to add something to close the interview?
We love Italy and we would like to come back and see more of your Country. It occurred to me, you know, the first time I ever came over to Italy, it was 1986. When we came over for Codeine, I thought, oh, well, this is so nice and then after Codeine, you know, I didn’t really come back to Italy. I came back maybe once for a job but then I was thinking, Oh, we’re going to play some more with Codeine.
We would see all of Italy, but we only have one day, I’m glad it’s Bologna but I would like to see even more maybe come back in the future.
MARCO PRITONI
Sono nato ad Imola nel 1979, la musica ha iniziato a far parte della mia vita da subito, grazie ai miei genitori che ascoltavano veramente di tutto. Appassionato anche di sport (da spettatore, non da praticante), suono il piano, il basso e la chitarra, scrivo report e recensioni e faccio interviste ad artisti italiani ed internazionali per Tuttorock per cui ho iniziato a collaborare grazie ad un incontro fortuito con Maurizio Donini durante un concerto.