EDOARDO VIANELLO – Intervista allo storico cantautore e musicista romano
Ho avuto il piacere di intervistare una figura storica per quanto riguarda la musica italiana, con oltre 65 milioni di dischi venduti, Edoardo Vianello, cantautore, produttore discografico e attore nato a Roma nel 1938.
Buongiorno Edoardo, benvenuto su Tuttorock, innanzitutto le chiedo qual è il segreto per arrivare a 85 anni così in forma.
Buongiorno Marco, il segreto sta in un modo di vivere corretto che mi permette di essere ancora in forma.
Oltre 65 milioni di copie vendute, numeri oggi irraggiungibili, qual è stato il momento più bello della sua carriera?
Non c’è stato un vero e proprio momento, c’è stato un crescendo di momenti e di emozioni man mano che mi accorgevo che le mie canzoni piacevano al pubblico. È stato molto bello anche quando, una volta finito il grande successo, negli anni 80 è stato riscoperta la storia degli anni 60 e il pubblico ha cominciato a interessarsi nuovamente a me. È stato molto emozionante perché pensavo che ormai fosse finito tutto.
In una frase presente in una tua canzone, “I Watussi”, la parola negri viene oggi sostituita con neri, questa cosa la infastidisce visto che, quando la canzone è stata scritta, era un termine non considerato razzista? Non pensa che oggi si stia dando troppo peso alle parole e poco ai fatti?
Infatti è così, mi indispettisce il fatto che correggano una parola della mia canzone che fu scritta in un momento in cui era quello il modo di definire le persone di colore. Tra l’altro, tutte le persone di colore con cui ho avuto a che fare, si sono sempre divertite e nessuno si è mai offeso. La cosa assurda è che oggi vediamo scene un po’ volgari sui palcoscenici, tra l’altro finte.
Nel 1968 ha fondato insieme a Franco Califano la Apollo Records, qual è stato il momento più alto di questa collaborazione?
Quando siamo riusciti a portare i Ricchi e Poveri a Sanremo con una canzone bellissima, “La prima cosa bella”, di Nicola di Bari. Da 4 ragazzi sconosciuti a tirar fuori degli artisti di valore è stata una grande soddisfazione.
Da grande ammiratore di Ennio Morricone devo chiederle com’era il suo rapporto con lui e se può raccontarmi un aneddoto che lo riguarda.
Il rapporto all’inizio era buono, Ennio non aveva ancora raggiunto il grande successo ed era una persona normale, poi lui è stato sempre umile. Poi, quando è diventato una star internazionale era un po’ più difficile avere rapporti con lui perché il suo mondo era cambiato. Ricordo il primo periodo perché lo conobbi esordiente nel 1959 quando aveva scritto le musiche di una commedia nella quale lavoravo anch’io, da lì nacque un’amicizia che mi portò a chiedergli di fare gli arrangiamenti per le mie canzoni e fu anche mio testimone di nozze quando sposai Wilma Goich. Inoltre Ennio mi ha diretto a Sanremo con “Parlami di te” nel 1966, penso sia stata l’unica volta in cui lui andò al Festival. Avevamo un rapporto stupendo in sala di registrazione perché, ovviamente, lavorare con un genio è piacevolissimo. Una cosa che voglio ricordare risale a quando abbiamo fatto “Con le pinne fucile ed occhiali”, non c’erano ancora gli effetti speciali e bisognava crearli naturalmente. Volevamo riprodurre il rumore di un tuffo e non so quante prove abbiamo fatto con secchi e catinelle mettendo la schiuma per trovare questo “splash”, abbiamo rovinato il pavimento dello studio ma è stato molto divertente.
Oggi che rapporto ha con il mondo del cinema?
Io con il cinema non ho mai avuto un vero e proprio rapporto perché, quando Dino Risi mise “Pinne fucile ed occhiali” e “Guarda come dondolo” nel film “Il sorpasso”, non lo sapevo. Me ne accorsi quando andai a vedere il film e, quando ebbi l’occasione di incontrare Dino, addirittura in Argentina, gli chiesi come mai scelse le mie canzoni e lui mi rispose che rappresentavano l’estate, è stata una cosa spontanea. Poi ho partecipato al film “Sapore di mare”, fu una coincidenza, incontrai Jerry Calà e gli chiesi cosa stesse facendo, lui mi rispose che stava girando un film sugli anni 60. Io gli dissi: “Se vi dovessi servire sono a disposizione”, mi chiamarono e mi fecero fare la parte di Edoardo Vianello a “La Capannina”. Poi ho collaborato alla scelta dei brani, tanto da metterne 7 nel film. Era un film nato con poche intenzioni commerciali, poi è stato un grande successo che ancora oggi viene riproposto appena inizia l’estate, e spesso anche durante le feste di Natale (ride – ndr). Quando uno viene a conoscenza degli anni 60 entra in un mondo in cui c’era entusiasmo da parte di tutti, allora c’era la voglia e la possibilità di arrivare, se uno voleva fare qualcosa aveva la strada aperta, venivamo da un periodo povero e qualsiasi conquista era una vittoria. Oggi, purtroppo, non c’è più questo entusiasmo, vogliamo sempre di più e quel più non c’è.
Le sue canzoni di un tempo sono ancora in voga oggi, erano canzoni ballabili ma mai banali, oggi invece accade spesso il contrario, della musica di oggi c’è qualcosa o qualcuno che l’ha colpita particolarmente?
Sì, qualcosa c’è, ho visto un po’ dell’ultimo Festival di Sanremo, mi sono piaciute molto Elodie e Madame. I ragazzi di oggi sono tutti bravi ma hanno poca personalità, non riesci a riconoscerli perché non hanno delle grandi caratteristiche, sono bravi perché oggi è più facile cantare, ti colleghi con un computer, hai le basi e puoi provare e riprovare, ai nostri tempi o sapevi suonare uno strumento o non facevi nulla.
A proposito di Sanremo, visto che è appena terminato e che lei partecipò la prima volta nel 1961, qual è il suo rapporto oggi con il Festival, ci tornerebbe?
Lo vedevo bene fino a qualche tempo fa, partecipare al Festival significa aumentare il numero dei concerti, rinverdire la propria immagine, adesso non me ne frega più niente, ormai il tempo è passato, quest’anno mi avevano fatto un mezzo invito ma non avevo una canzone adatta, per cui ho lasciato perdere.
Sarebbe stato bello vederla come ospite, com’è successo con Al Bano, Massimo Ranieri, Gianni Morandi, Gino Paoli.
Magari capiterà la prossima volta!
Lo scorso anno ha partecipato al programma “Il cantante mascherato”, quanto si è divertito?
Per niente! Dentro quella maschera si soffocava per cui ho un ricordo terribile di quella trasmissione, anche perché alla fine non ti dà niente, ti riconoscono solo nel momento in cui esci dalla maschera e non è nemmeno una cosa promozionale.
Ha in previsione qualche brano nuovo per questo 2023?
A che servirebbe? Guardi, sono uscito adesso con un libro, la mia biografia, è molto interessante, ovviamente se uno è interessato alla mia vita. Ho raccontato anche il costume degli anni 60, i valori che c’erano all’epoca e, attraverso la mia storia, ho fatto capire come fosse il modo di considerare la vita a quei tempi, il libro si chiama “Nel continente c’ero” e sono molto contento di averlo scritto.
Grazie mille per il suo tempo, vuole aggiungere qualcosa per chiudere l’intervista?
Grazie a lei! Tutto quello che si può sapere di me lo trovate sul libro, pensi che l’avevo scritto con tanti capitoli quanti sono gli anni miei poi l’editore ha voluto un po’ stringere la cosa, era un’idea molto carina perché avevo iniziato dai miei primi anni della mia vita in base ai racconti che mi facevano a casa, comunque al suo interno trovate i primi tentativi, le prime delusioni, le prime soddisfazioni, è davvero molto interessante.
MARCO PRITONI
Sono nato ad Imola nel 1979, la musica ha iniziato a far parte della mia vita da subito, grazie ai miei genitori che ascoltavano veramente di tutto. Appassionato anche di sport (da spettatore, non da praticante), suono il piano, il basso e la chitarra, scrivo report e recensioni e faccio interviste ad artisti italiani ed internazionali per Tuttorock per cui ho iniziato a collaborare grazie ad un incontro fortuito con Maurizio Donini durante un concerto.