PERIGEO – Intervista al chitarrista e compositore Tony Sidney
In occasione dell’uscita dell’album “One Shot Reunion”, ho avuto il piacere di intervistare Tony Sidney, chitarrista della storica band Perigeo.
Il Perigeo è una pietra miliare in due generi musicali diversi ma contigui: il jazz e il prog, con una punta di psichedelia che getta un ponte fra Sun Ra e i Pink Floyd. Nato nel 1971 per volontà del contrabbassista Giovanni Tommaso, il Perigeo ha rappresentato la via italiana al jazz-rock nel periodo d’oro di questo genere musicale, con una formazione in grado di gareggiare a testa alta con i giganti d’oltreoceano, come i Weather report. L’uscita del live “One shot reunion” cade esattamente a 50 anni dalla pubblicazione del primo disco “Azimut”, che riunisce la formazione storica: Giovanni Tommaso, bassista e ispiratore del gruppo, Bruno Biriaco alla batteria, Claudio Fasoli al sax, Franco D’Andrea alle tastiere e Tony Sidney alle chitarre. Nella sua breve avventura, conclusa nel 1977, la band mette insieme varie anime del jazz italiano, provenienti da aree geografiche e musicali differenti, con l’aggiunta di una punta di rock americano.
L’album è la registrazione dello strepitoso concerto che il Perigeo ha tenuto nel 2019 Firenze, sul palco di Piazza Della Santissima Annunziata, capitolo finale della storia della formazione alla quale, per questo incredibile live, si aggiungono Claudio Filippini a piano e tastiere e Alex “Pacho” Rossi alle percussioni. Con questa pubblicazione, preceduta dalla release del singolo “Via Beato Angelico” in data 14 ottobre, il mitico Perigeo si ripresenta a distanza di diverse decadi con un’operazione davvero eccezionale, frutto di un concerto nel quale vengono presentati brani tratti da tutti gli album dello storico sodalizio. Musiche che, a distanza di quarantacinque anni, suonano ancora estremamente moderne, senza tempo.
Benvenuto su Tuttorock, quando e com’è nata l’idea di pubblicare l’album “One Shot Reunion”?
Non avevamo in mente di fare un nuovo album, il concerto che abbiamo tenuto a Firenze in piazza Santissima Annunziata, luogo veramente magico, è stato per noi un bellissimo momento per incontrarci nuovamente come gruppo e così dare alle persone che hanno amato profondamente la nostra musica una possibilità di riascoltarci e incontrarci nuovamente.
Fatto il concerto eravamo molto interessati a riascoltare quello che con “molto sudore” avevamo creato, anche perché la giornata era caldissima!
Abbiamo pensato, dopo il riascolto, che un nuovo album del nostro gruppo poteva essere importante, non solo per noi come ricordo, ma anche per un pubblico così attento e così importante che per anni ci aveva seguito!
Alla formazione originale si sono aggiunti per questo evento Claudio Filippini al piano e alle tastiere e Alex “Pacho” Rossi alle percussioni, come mai avete scelto loro?
Come prima cosa penso che Claudio Filippini e Alex Pacho Rossi siano dei musicisti con la m maiuscola! La loro musicalità, energia e spirito sono stati fondamentali per la splendida riuscita del concerto.
Claudio Filippini ha sostituito Franco D’Andrea e per lui entrare nel suo spirito e nella sua musicalità ed espressione, degli anni d’oro del nostro gruppo, è stato un lavoro arduo e pieno di ricerca anche da un punto di vista dei suoni che Franco usava e degli strumenti che in quegli anni venivano usati anche da molti gruppi come i “Weather Report”. Claudio ha dato anche un suo grande contributo personale con la sua immaginazione artistica.
Nella storia del nostro gruppo vi hanno fatto parte alcuni percussionisti di fama mondiale, ognuno di loro con il proprio linguaggio e sentimento musicale ha contribuito immensamente a comunicare le nostre composizioni e così anche Alex è stato fondamentale per la splendida riuscita del concerto.
Tra i concerti che facevate negli anni 70 e questo del 2019, avete notato delle differenze nell’accoglienza della vostra musica da parte del pubblico?
Gli anni caldi, gli anni Settanta, erano per noi qualcosa di veramente diverso, succedevano cose molto particolari ai nostri concerti, molto particolari!
C’erano dei gruppi politici che venivano definiti come “autoriduttori” che sfondavano ai nostri concerti e così purtroppo succedeva anche che la polizia doveva intervenire e il profumo che si sentiva spesso era il “gas” dei lacrimogeni ed il suono era quello della gente che gridava! Vi racconto questo perché molte persone oggi non hanno minimamente l’idea di quello che in quegli anni succedeva in Italia; allora il pubblico che interveniva e che veniva ai nostri concerti era un pubblico che spesso oltre passava le tre mila, cinque mila persone come minimo. Al parco Lambro di Milano mi ricordo che c’era un pubblico di circa 100.000 persone, non solo per il nostro concerto, c’erano anche altri gruppi e devo dire che è stato veramente molto emozionante, molto emozionante!
Essere pionieri in Italia un genere come il jazz-rock negli anni 70 cosa rappresentava per voi?
Essere dei pionieri in qualsiasi forma di musica, arte, letteratura o pensiero è qualcosa di veramente particolare e spesso non molto facile.
Quando noi come Perigeo ci siamo proposti attraverso i nostri concerti ad un pubblico come quello del Jazz tradizionale non siamo stati immediatamente compresi. Abbiamo perseverato e con la nostra partecipazione ad Umbria Jazz nel 1973 siamo entrati nei cuori del pubblico del Jazz tradizionale. Attraverso la nostra musica abbiamo fatto scoprire il Jazz ad un pubblico molto molto più vasto, un pubblico giovane con una grande voglia di scoprire nuovi orizzonti musicali.
Quindi il Jazz-Rock ha a che fare con due forme di musica il jazz e il rock e Miles Davis negli Stati Uniti è stato il primo pioniere di questa forma di musica. Certo, penso anche per lui non sia stato molto facile, ma ha continuato e ha perseverato con quello che lui sentiva profondamente e questo ha contagiato il mondo intero con una nuova forma di musica!
Per me Anthony Sidney la forma musicale del jazz-rock era qualcosa che sentivo come mezzo di espressione, mi aiutava ad esternare la mia immaginazione! Con il Perigeo abbiamo iniziato a fare i nostri concerti e così ho potuto dare quello che effettivamente sentivo.
Siamo stati veramente dei pionieri, anche perché spesso la nostra musica si fondeva con la dodecafonia, con la musica atonale o con la musica antitonale come Stravinsky definiva la sua musica. Quindi chiaramente la nostra musica era “Evolutionary” nei confronti di certe bellissime forme tradizionali di musica che io personalmente amavo e che non ho mai rinnegato, perché quello che è avvenuto per me prima del Perigeo e dopo il Perigeo quando studiavo Heitor Villa-Lobos, Fernando Sor, Leo Brouwer e quando ascoltavo Stravinsky, William Walton, Miles Davis, e studiavo Bach, tutto questo è rimasto per me fondamentale e tutto questo mi ha aiutato e mi aiuta in quello che io creo oggi come compositore e concertista.
Le mie composizioni per arpa e chitarra sono trasmesse mensilmente attraverso molte radio come MPR Classical 24, Iowa Public Radio, Wisconsin Public Radio e KUHA FM Classical negli Stati Uniti.
Perché vi scioglieste nel 1977?
Data la situazione sociale e politica nel 1977 e quello che succedeva negli stadi e nei palazzetti dello sport, mi riferisco agli episodi di violenza verso la musica da parte degli “autoriduttori”, la legge Cossiga impediva concerti negli stadi e nei palazzetti dello Sport. Questa è stata la causa principale del nostro scioglimento come gruppo. Non era più possibile per noi tenere i nostri concerti in Italia.
45 anni dopo i vostri brani sembrano non invecchiare mai, come spieghi questa mia sensazione?
Quando diamo affinità ad una forma artistica come la musica, la pittura e la letteratura, lo facciamo perché in questa forma troviamo qualcosa che rispecchia noi stessi. C’è qualcosa che amiamo e questo qualcosa va oltre la razionalità.
Quando ho composto le mie composizioni per il gruppo, l’ho fatto tenendo in mente per chi le stavo componendo. Sto parlando di Giovanni Tommaso, Franco D’Andrea, Bruno Biriaco e Claudio Fasoli, i miei amici!
Sapevo con una certezza assoluta che attraverso la loro Arte la mia composizione avrebbe trovato comprensione e possibilità di essere eseguita come io la sentivo profondamente nella mia mente e nella mia anima.
C’è qualche artista di oggi che apprezzi particolarmente?
Apprezzo tantissimo l’arte di Mark Rothko e l’arte di Helen Frankenthaler ed ho dedicato a loro due composizioni. La composizione dedicata a Mark Rothko è per un ensemble molto particolare: Orchestra Sinfonica, Quintetto di Chitarre Elettriche, Percussioni e duetto per chitarra Classica e Sassofono Contralto. Mentre la composizione che ho dedicato a Helen Frankenthaler è per Viola da Gamba.
I compositori che ammiro da molto tempo sono Igor Stravinsky, Michael Tippett, William Walton, J.S. Bach, Claude Debussy, Erik Satie e tanti altri!
Domanda d’obbligo, dobbiamo considerare definitivamente terminata l’avventura del progetto Perigeo o possiamo nutrire qualche speranza di nuova musica e nuovi concerti in futuro?
Un tour nei grandi Teatri Italiani sarebbe dovuto al nostro gruppo! Siamo ormai parte della storia della Musica Italiana.
Grazie mille per il tuo tempo, vuoi aggiungere qualcosa per chiudere l’intervista?
Sto finendo di comporre la mia “Symphony n°1”. Sto componendo questa mia prima Sinfonia da circa 12 mesi per molte ore al giorno. Sarà un immenso piacere vedervi tutti alla prima!!!
Un abbraccio!
MARCO PRITONI
Sono nato ad Imola nel 1979, la musica ha iniziato a far parte della mia vita da subito, grazie ai miei genitori che ascoltavano veramente di tutto. Appassionato anche di sport (da spettatore, non da praticante), suono il piano, il basso e la chitarra, scrivo report e recensioni e faccio interviste ad artisti italiani ed internazionali per Tuttorock per cui ho iniziato a collaborare grazie ad un incontro fortuito con Maurizio Donini durante un concerto.