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DETTO FERRANTE ANGUISSOLA – Intervista su “E la voce va”

DETTO FERRANTE ANGUISSOLA – Intervista su “E la voce va”

Detto Ferrante Anguissola

In occasione dell’uscita del nuovo album “E LA VOCE VA” ho intervistato DETTO FERRANTE ANGUISSOLA.

Ferrante Anguissola d’Altoè (nome d’arte Detto Ferrante Anguissola) nasce a Cremona da una storica famiglia di origine piacentina, che annovera tra i suoi antenati anche la nota pittrice cinquecentesca Sofonisba Anguissola. Il nonno materno e la madre gli trasmettono l’amore per la musica sin da subito. Scrive il primo brano “I Fiumi di Lombardia” all’età di 17 anni, al quale segue “I Pioppi”, un omaggio a quegli alberi molto cari al cantautore, entrambi contenuti per la prima volta nel suo nuovo album “E La Voce Va”.

Buongiorno Ferrante, piacere di conoscersi. Leggo tanti spunti nella tua biografia, la prima cosa che vorrei chiederti è quali sono stati i tuoi primi ascolti musicali?
Buongiorno Maurizio. La nostra mamma ci svegliava alla mattina presto facendo esercizi al pianoforte. Continuava poi suonando per noi musiche e canzoni che a tutti noi in famiglia piacevano. Tra queste spiccavano “Munasterio a Santa Chiara”, “Catarì”, “la Mer” di Charles Trenet, le romanze, poi “Marì” e Chopin. Ma il primo vero ascolto musicale è stato, a dodici anni, “la Forza del Destino” di Giuseppe Verdi al Teatro Comunale di Soresina. Quella musica mi ha talmente impregnato che ancora oggi quando ci penso non posso trattenere una grande emozione per quella potente Ouverture. A quel tempo avevo già un mio repertorio internazionale di canzoni che cantavo accompagnandomi con la chitarra tra parenti, amici e le serenate e i canti che i ragazzi ventenni che insistevano per avermi nelle varie cascine per le loro morose.

Una vita inizialmente da cantastorie, molto kerouachiana, chitarra in spalla e via on the road. Cosa ti ha spinto a questo? Che riscontro avevi a cantare in napoletano all’estero?
Sì, davvero cantastorie, così mi sentivo in quei viaggi in autostop a partire dal 1951 per l’Europa. Cosa mi ha spinto? Conoscere l’Europa, questa è stata la molla caricata dalla propaganda fascista subita dal primo anno di scuola nel 1939 fino almeno alla fine. Conoscevo e parlavo discretamente il francese, il tedesco e l’inglese, mi sentivo piuttosto sicuro di poter scambiare più di quattro chiacchiere con gli sconosciuti che mi avrebbero caricato sulla loro automobile. E così è stato e sono ancora oggi felice di avere preso quella decisione. Aggiungo però anche che ho potuto non solo comprendere le differenze tra i paesi europei e l’Italia, ma anche vedere le distruzioni che la guerra aveva causato specialmente in Germania e poi poter vedere anni dopo la fase della ricostruzione, del resto, come anche nelle nostre città. Anche se biondo e abbastanza alto ero in contrasto con il cliché dell’Italiano all’estero, sono sempre stato accolto con curiosità in quegli anni perchè per gli europei che ho incontrato l’Italia era sempre fonte di curiosità per le sue bellezze, arte, pittura, opere e… per le scarpe che indossavo! Spesso sono stato fermato mentre camminavo per Londra, Amburgo o Stoccolma… Ho iniziato a cantare nei ristoranti italiani di Londra soprattutto canzoni italiane del tempo e napoletane che ho l’impressione conoscessero come “Munasterio a Santa Chiara” o la travolgente “Catarì” che era il mio pezzo forte quando tra i clienti intravedevo due innamorati!

Come hai scelto il nome d’arte che usi e perché “dettoferranteanguissola”?
Ti assicuro, non avevo l’intenzione di negare le mie origini e nemmeno suscitare curiosità! Ho pubblicato il primo album con lo pseudonimo di Asterix concordato con Siae. Quando anni dopo ho ripreso a pubblicare le mie canzoni semplicemente ho aggiunto “detto” giusto perché mi piaceva.

Vanti anche una illustre antenata, la pittrice Sofonisba Anguissola, ti sei anche dedicato a ricerche su di lei.
Grazie per questa domanda. La mia vita lavorativa era già piena di iniziative, ma si è arricchito verso il 1990 di questo altro interesse quando il mio amico direttore del British Council di Milano mi fa conoscere il prof. Flavio Caroli che stava pubblicando importanti studi su Sofonisba Anguissola (1532-1625) la mia antenata, la prima donna pittrice riconosciuta in Europa che era scivolata nell’oblio. Come potevo essere di aiuto? Semplicemente facendomi promotore di ricerche sui suoi quadri dispersi oppure attribuiti ad altri importanti pittori. Ho organizzato nel 2008 un convegno a Palermo nella Chiesa di San Giorgio dei Genovesi dove Sofonisba è sepolta. Lì ho incontrato diversi studiosi tra questo il prof. Alfio Nicotra di Catania che è stato di grandissimo aiuto perché ha avviato pubblicazioni e saggi e convegni che hanno ridato luce a Sofonisba.

Cosa ci puoi raccontare attorno a Exhibo? Da Sennheiser a Linate, arrivando a Sanremo, quanta storia in tutto questo.
Ho fondato Exhibo con alcuni amici fiorentini che ancora ora ringrazio per la fiducia in me, e che ho condotto per oltre 50 anni. Come per un segno del destino, Exhibo sottoscrisse un contratto di rappresentanza per l’Italia con Sennheiser GMbH, una società tedesca nota nel mondo per i suoi microfoni per la radiofonia e tuttora operante. È chiaro che quei prodotti mi presero per mano e mi portarono direttamente alla Rai di Torino e poi a Roma alla neonata televisione. Va da sé che l’anno seguente Rai mi chiese di rendermi disponibile a “dare una mano” ai tecnici della Radiofonia di Torino nell’allestire i saloni del Casino di Sanremo suggerendo il microfono Sennheiser più adatto a risolvere i numerosi problemi tecnici che nascevano in ambienti non realizzati per ambienti come richiesto per un Festival di canti. Mi recavo a Sanremo con la mia automobile piena di microfoni e assistevo i tecnici per circa 10 giorni dopo aver superato positivamente i “livelli” con la sede della TV a Roma, così quei tecnici dicevano. Inoltre, per sveltire le scelte riconoscevano i vari microfoni con dei nomignoli: c’era quindi il “torroncino”, il “gelato”, il “biscottino” … che gridate davano impulso e leggerezza al nostro impegnativo lavoro! Ho seguito i festival per circa 8 anni poi ho istruito dei bravi tecnici in Exhibo e li mandavo al mio posto. Nei primi anni il Festival era semplice e direi famigliare, con tante mamme che presentavano i figli e figlie cantanti a tutti sognando la vittoria… I microfoni erano ancora a filo, ma anni dopo abbiamo introdotto i microfoni senza filo che permettevano maggiore libertà di movimenti ai presentatori e agli artisti. Hai citato anche l’aeroporto di Linate con la torre di controllo in difficoltà a contattare gli aerei. Sì, ho risolto il grave problema sostituendo il cavo coassiale originale con un nuovo prodotto che Exhibo rappresentava. Molto fiero!

Tutti i tuoi dischi hanno al centro la società, i rapporti umani, il mondo che ci circonda, il tema sociale è qualcosa che senti particolarmente? Come hai visto cambiare il nostro paese in questi decenni?
Il lavoro mi ha spinto a incontrare e conoscere molte persone con differenti incarichi, responsabilità, cultura, non solo del Sud o del Nord della nostra Italia, ma anche all’estero dagli Usa al Giappone, Corea e tutti gli Europei e il tema sociale nei suoi vari aspetti mi ha sempre attratto notando subito gli aspetti positivi e negativi. E così diversi anni fa è nato il primo album: “Poligrafici, Pensionati, Trombati e Santi”, un titolo che oggi appare bizzarro, ma a quel tempo era ben chiaro a chi stava vivendo le bizzarrie della politica nazionale. Poi diversi anni dopo è uscito “A occhi aperti”, un album con l’invito a tenere gli occhi ben aperti. In questo mio terzo album mi voglio mostrare con il mio romanticismo e rispetto per il mondo. Nel nostro paese la società è molto cambiata. In questo 90 anni. Basta tenere presente che nel 1950 l’attività trainante era l’agricoltura, ora è l’industria nelle sue varietà dalla moda alla tecnologia, al cinema, alla cultura museale e tanto tanto altro che ha obbligato la società ad aggiornarsi tuttavia non sempre nel migliore dei modi.

“E la voce va” è il tuo nuovo disco, cosa si prova a registrare un nuovo lavoro a 90 anni?
Guarda, personalmente non mi sono mai soffermato a osservare gli anni che passano, ma piuttosto a cavalcarli. Importante per me è stato piuttosto osservare e controllare che le mie forze fisiche restassero in buona salute mantenendomi attivo in palestra, nel cammino e negli sport senza eccessi. Quindi la registrazione dei brani è stata divertente come del resto sempre anche se, un po’ riservato come sono, non ostentavo il divertimento tenendomelo piuttosto dentro.

Cosa ha ispirato questo tuo nuovo album? Cosa vuoi trasmettere? Avendo ascoltato le canzoni prima di leggere la presentazione avevo notato i frequenti richiami al mare, da appassionato, anche se solo patentato principiante, comprendo il tuo amore per la vela, vedo che sei anche istruttore.
Dopo due album impegnati il mio cuore si tranquillizza e racconto dei bei momenti sulla mia barca a vela nell’Adriatico con Mariliana, mia moglie croata-austriaca-slovena, tra le isole della sua patria, la Croazia, tra i suoi venti taluni amati come il Maestrale o come la Bora che alterna raffiche e pause durante il giorno e altri da navigare con rispetto e capacità come lo Scirocco e il Libeccio, tutte cose apprese come istruttore della scuola di vela di Caprera. Dalla dolorosa vicenda di Requiem per un marinaio-ombra poi attraverso il silenzio e la navigazione, come in Sinfonia di mare scivolo nella mia pianura cremonese, al Blues dei pioppi e ai Fiumi di Lombardia con un gran salto all’indietro nel tempo. Cosa vorrei dire al mio ascoltatore? Voglio dire della meraviglia della natura, come affrontarla, come goderla, della semplicità, del rispetto che occorre sempre avere, della fatica gioiosa, della pazienza, della cautela, della previdenza, nel tenere nell’occhio le nuvole e come si modificano e del mutare del fruscio dei pioppi al mutare del vento.

C’è qualcosa che potendo non faresti, o cambieresti la scelta, tipo non accettare il lavoro a Hong-Kong?
Che domanda interessante! Sono contento di come ho costruito la mia vita privata e di lavoro, non ho rimpianti. Semmai una curiosità mi è rimasta, e cioè quale piega avrebbe potuto avere la mia vita se fossi andato a davvero lavorare a Hong Kong per la prestigiosa Sice Edison con la quale mi ero impegnato non ancora laureato. Furono i miei amici fiorentini e poi diventati soci a dare corpo alla mia passione per l’elettronica che già da tempo coltivavo come radioamatore (I2AK). Introdussi alla Sice Edison un collega di università e fondai Exhibo.

Viceversa, qualcosa che avresti voluto fare e non hai concluso, o magari potremmo dire non ancora…
Sì, mi sono laureato in chimica industriale per ragioni di famiglia, ma la mia indole mi avrebbe portato a laurearmi in ingegneria perché questi studi mi avrebbero in pratica completato molto di più. Avrei voluto poi integrare questo, ma gli impegni di lavoro, i continui viaggi all’estero, la rigida costruzione dei programmi scolastici non me l’hanno permesso. Ma perbacco, andiamo sempre avanti, facciamo crescerei nipoti, aiutiamoli a districarsi nella vita ragionando sui pro e contro sempre con l’aiuto della mia Mariliana, anche lei più riservata di me.

Progetti futuri?
Alcune cose ho appena detto, ma mi piacerebbe aggiornare testi e musica di alcune vecchie canzoni…. e poi chi lo sa, sono sempre aperto a nuove esperienze.

MAURIZIO DONINI 

Band:
Ferrante Anguissola d’Altoè aka Detto Ferrante Anguissola

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