STATALE 66 – “FALLIN IN THE DARK” BRANO E VIDEO DI RARA INTENSITA’
Abbiamo raggiunto e incontrato la band Statale 66, band graffiante e di grande talento. L’occasione è per l’uscita del loro nuovo singolo “Fallin’ in the Dark“, pubblicato dall’etichetta G&M Recorfonic e dell’intenso videoclip che lo accompagna. l brano ha un tratteggio metaforico poetico ed interessante, rappresenta una sorta di discesa verso un mondo oscuro per appagare il desiderio di vivere un amore intenso e complesso.
Ascoltando l’intenso brano e guardando il video che lo accompagna, con un uso sapiente e poetico del bianco-nero, non possiamo non pensare alla luce che ci avvolge ma al buio che ci galleggia dentro, perchè l’oscurità è l’essenza di qualcosa.
La loro Storia, la loro carriera:
Gli Statale 66 sono noti e amatissimi per le versioni beat/rock di colonne sonore interpretate nello storico programma Stracult di Rai 2 e nascono dalla sottocultura rock romana di fine anni 90 e inizio 2000. La band – da anni – porta in giro per l’Italia discografia originale e cover topiche rappresentative, con amore e passione per le grandi colonne sonore degli anni ’60 e anche ’70. Con un sound e stile riconoscibilissimi, mescolano le meravigliose armonie vocali dei gruppi 60’s come i Beach boys, The Zombies e Beatles con un approccio strumentale più garage e potremmo dire “surf”, contaminato dal primo Rock’n’roll e Surf di Chuck Berry e molti altri artisti dell’epoca, il tutto tratteggiato da stili, sapori, suoni, estetica proto-punk metropolitana alla Velvet Underground, per intenderci. Un percorso e una carriera artistica pregiati. Una musica resiliente e resistente, un tratteggio pregiato per una band inossidabile e di grande armonia e talento.
I frateli Alessandro e Giulia Meozzi, insieme a Mary di Tommaso sono molto amati e noti tra gli amanti della musica rock’n’roll, non solo nella Capitale.
Li abbiamo intervistati per Tuttorock:
Siete una band di grande pregio e intensità, dalle colonne sonore del cinema anni ’70 alle mescolanze di cui siete talentuosi artisti, trasversali: parliamo del vostro ultimo singolo Fallin’ In The Dark” e poi dopo anche del bellissimo video che lo accompagna: come nasce, qual è l’idea creativa e narrativa?
Innanzitutto grazie davvero per le belle parole! La musica di Fallin’ In The Dark nasce da un periodo complicato, molto intimo. È una canzone romantica e horror allo stesso tempo. Parla del sacrificio, di gettarsi in una vita “oscura”, appunto, per amore, per stare vicino ad un’altra persona. È l’opposto dell’egocentrismo. Lora Ferrarotto (dei Lora & The Stalkers) che ha scritto il testo è partita con in mente l’immagine di Eva Kant di Diabolik, poi il pezzo si è evoluto in qualcosa di più personale. Siamo autori che, volenti o nolenti, mettiamo sempre dell’autobiografia nelle canzoni.
Interessante l’art-video, il videoclip che accompagna il brano: come nasce l’ispirazione?
In questo periodo siamo davvero immersi in quello che viene definito art-rock. Ci piace poter comunicare letteralmente “con le nostre mani” in tutti i modi. Mary ha avuto questa idea di fare un videoclip di animazione, poi Giulia ha pensato di dipingere col pennello a mano ogni fotogramma come se fosse un piccolo quadro ed ha cominciato ad avere delle idee. Così le ragazze si sono chiuse durante il lockdown a dipingere. Siamo molto appassionati di David Lynch e guardando la terza stagione di Twin Peaks ho avuto l’idea di mischiare questi quadretti con delle riprese in bianco e nero di noi come se fossimo dei personaggi di una delle logge della serie. Il misto delle due cose sembra essere molto più inquietante!
Mi interessano sempre le mescolanze, le trovo importanti: il video mescola i vostri volti filmati con riprese in stile noir, pennellate rosso sangue, l’uso preciso del bianco e nero. Raccontiamo il vostro videoclip:
Il bellissimo bianco e nero noir e un montaggio così creativo lo dobbiamo a Vito Pagano. Abilissimo videomaker che lavora tra le altre cose per Vanity Fair. Ha avuto molta libertà di animare i disegni e creare seguendo la sua emotività. Per noi la bellezza di questa canzone sta proprio nel fatto che hanno partecipato tante persone a renderla quello che è. Anche il mixaggio, che di solito curo io, è stato affidato ad un grande produttore: Luca Sapio della Blind Faith Records. Lui è riuscito davvero a dare una profondità e ad esaltare i chiaroscuri del brano. Io ho provato a mixare il brano per un lunghissimo anno intero, e (per autocitarci) sono caduto nell’oscurità…
Quali sono gli stili musicali che hanno maggiormente influenzato la vostra musica, dagli esordi ad oggi e come siete cambiati (se siete cambiati) in questi due anni di emergenza sanitaria?
Eccome se siamo cambiati. Siamo partiti amando i grandi classici degli anni 60: dai Velvet Underground a i dischi geniali dei Beach Boys di Brian Wilson; Siamo impazziti per l’energia del rock’n’roll anni ‘50; poi ci siamo fatti prendere dalla poetica Glam Rock alla Bowie. Abbiamo poi capito l’urgenza della musica post punk alla Joy Division, The Cure eccetera. Ma ultimamente ci siamo interessati a tantissimi artisti contemporanei del mondo underground: dai Temples ad Andrew Bird, dai Chromatics ai Management a Courtney Barnett. È molto stimolante vedere quanta bella musica ci sia. C’è stato un periodo che sembrava esserci davvero poco di buono. La fortuna è che oggi se sei curioso puoi trovare tanta arte grazie ad internet, che non viene molto considerata dal mainstream.
La pandemia? ci ha reso più paurosi e realisti. Gli anni 80 sono finiti! Già tra politica urlata, terrorismo e chi più ne ha più ne metta la vita stava diventando meno rassicurante. Noi cerchiamo di goderci le cose belle e semplici. Cerchiamo di essere più puri nei nostri obbiettivi. È ovvio però che la nostra musica ne ha risentito. Non è un caso che il prossimo album si chiamerà In The Dark. L’idea però è di trovare l’energia ed il buon umore attraverso i sentimenti e le passioni, per riscattarci e trovare di nuovo un equilibrio nel tempo.
Quale eredità prendete dalla musica anni ’60 e ’70, dal rock, dal punk e dalla new wave, dark wave? Cosa ci lasciano in eredità?
Siamo nani sulle spalle dei giganti! A volte basta sentire una canzone come Pictures of You per aprire delle porte nel nostro intimo e sentirsi bisognosi di esprimere tutto quel guazzabuglio di emozioni che un essere umano si porta dentro fin da bambino. Questo sentimentalmente, tecnicamente invece ogni grande artista del passato ha tirato fuori un ventaglio personalissimo di colori. Noi che veniamo dopo siamo fortunati di poterne usufruire a seconda di quel che vogliamo esprimere.
Ripartono i live ma con molta fatica, lo spettacolo e la musica in particolare sono messe a dura prova:
La musica live sta davvero soffrendo ed è penoso non poter godere delle bellissime vibrazioni che solo un concerto può darci.
Progetti prossimi? Il termine resiliente è oggi di “gran moda” ma vi chiedo: la musica è resiliente, resistente o entrambe le cose? Resiste come gli strumenti musicali alla pressione dei polpastrelli, mi verrebbe da chiedervi:
Noi per ora scriviamo, registriamo e ascoltiamo tanti dischi, però siamo d’accordo che la musica e l’arte in generale resistono e trovano altre strade. È un’esigenza che l’umanità si porta dietro da quando è cominciato tutto. È un occhio che sa vedere la bellezza della vita.
Alessandra Paparelli
Alessandra Paparelli speaker e conduttrice radiofonica, collabora e lavora con diverse riviste e giornali cartacei. Conduco il venerdì un programma di politica su RID RADIO INCONTRO DONNA 96.8 fm su Roma e nel Lazio. Scrivo e collaboro sul quotidiano in edicola La Notizia, pagina culturale, attualità, spettacolo (in edicola a Roma, Milano e Napoli).