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NICOLÒ PICCINNI – Il nuovo album “Autrement” con Gli Internauti

NICOLÒ PICCINNI – Il nuovo album “Autrement” con Gli Internauti

In occasione dell’uscita del suo nuovo album “Autrement”, scritto e prodotto insieme a “Gli Internauti”, prevista per oggi, venerdì 8 ottobre, ho avuto il piacere di intervistare Nicolò Piccinni, cantautore e attore classe 1989.

Suona e collabora come musicista e produttore nei progetti Due Venti Contro (con i quali ha aperto i concerti di artisti come Dente, Max Gazzè, Bianco e partecipato a festival come Balla coi Cinghiali, Flowers Festival e Apolide Festival), Fausia & The Good Walkers ed Errico Canta Male (di cui produce le rispettive opere prime “Vediamoci lo stesso” e “Quartieri vol.1”) e con il poeta Paolo Assandri.

Nel 2016 esce “Fuori dal giro”, il suo primo album in studio completamente autoprodotto, che vede la partecipazione di molti musicisti del panorama torinese, dal jazz all’indie (tra gli altri Cesare Mecca, Giangiacomo Rosso, Michele Bussone e Davide “Invena” Mitrione).

Ha studiato basso elettrico con il maestro Enzo Mesiti al Percstudio di Torino e canto con Silvia Laniado.

Dal 2007 suona blues come bassista in diverse formazioni, tra cui la Night Riders Blues Gang, e partecipa a festival nazionali e internazionali tra cui Ritmika 2010 e le due edizioni di The Big Blues nell’isola di Creta con gli Hot Shots.

È laureato in Cinema e Nuovi Media all’Università degli Studi di Torino con una tesi sulla maschera comica da Buster Keaton a Bill Murray. Partecipa a numerosi cortometraggi e web series (tra cui “Arti Bianche”, “Tracklist”, “Il contrario di Vita” di produzione Fuoricampo) in veste di attore e compositore della colonna sonora.

Nel 2015 scrive e mette in scena “Storia di Alfiero” mediometraggio sperimentale, presentato al “Piemonte Movie” e allo Sputnik Kino di Berlino.

Ha studiato teatro alla Fondazione Casa del Teatro Ragazzi e Giovani, alla Maigret&Magritte e con il maestro Ugo Giletta.

Dal 2016 lavora con Stranaidea Impresa Social Onlus e si occupa di progetti europei e teatro sociale.

Ciao Nicolò, benvenuto su Tuttorock, parliamo subito di questo tuo nuovo album, “Autrement”, come mai questo titolo?

C’è una leggenda legata ad un mio quasi omonimo compositore, Niccolò Piccinni, vissuto nella seconda metà del XVIII secolo. Viveva in Francia, ma tornava spesso nella sua città a Bari, di solito accompagnato da una schiera di cortigiane parigine, e per questo motivo era accolto calorosamente dai ragazzi baresi. In uno dei suoi ritorni però arrivò da solo e i baresi gli chiesero cosa potessero fare senza la presenza femminile. Lui rispose in francese “Autrement”, come a intendere “Faremo in un altro modo” e loro non compresero il significato, pensando si riferisse alla masturbazione: da lì nasce il termine “tremone” in barese. Ovviamente è una leggenda. Ma quell’Autrement è potente ed è inclusivo. Apre a tante possibilità.

I brani sono stati scritti prima, durante o dopo la pandemia?

Attorno a maggio 2020, alcune idee erano già nell’aria da prima, ma hanno preso forma in quel periodo.

A proposito, tu come hai vissuto quel periodo?

In modo sospeso. Mi sentivo a disagio anche solo a guardare la chitarra. L’immobilità di quei mesi è stata spezzata nel momento in cui ho dovuto cambiare la batteria della macchina. Non sono mai stato troppo previdente, e nemmeno molto pratico di motori. Quel gesto banale ha avviato qualcosa, oltre alla macchina. Ho fatto un giro di prova con la batteria nuova poi son salito su a casa e ho iniziato a scrivere. Magari bastasse sempre cambiare una batteria per ripartire!

Parlami un po’ del processo di registrazione dell’album.

Dopo la storia della macchina ho chiamato la band. Non stavamo più nella pelle di rivederci e suonare. Avevo sei pezzi pronti. Così siamo andati in una mansarda in mezzo alle colline e in sei giorni abbiamo registrato tutto. La settima canzone è nata in macchina in uno dei tragitti di ritorno. Arrivato a casa mi sono accorto che lì non avevo nessuno strumento. Così ho composto il brano solo con un intreccio di voci, e nel disco è rimasto così, come è nato in macchina. In effetti devo molto alla mia macchina adesso che ci penso.

Chi sono Gli Internauti che ti accompagnano in questo viaggio?

Gli Internauti sono tutti musicisti torinesi e amici: Gabriele Prandi alla chitarra, Francesco Cornaglia alla batteria, Michael Pusceddu al basso, Federico Bertaccini ai suoni ed Errico Canta Male a qualsiasi strumento gli dai in mano. È una bella ciurma. L’album è stata una creazione collettiva.

Con il brano “M49” hai voluto dare visibilità ad una faccenda triste, quella dell’orso a cui venne dato il codice M49, che fuggì due volte dal centro faunistico di Castellar a Trento e venne sottoposto a castrazione chimica. Una canzone di quelle che “fanno vedere la storia che si racconta”, accompagnata da un arrangiamento in tipico stile cantautorale italiano. L’umano che si arroga il diritto di prevalere sull’animale, come ha scritto anche Vinicio Capossela nella sua “La giraffa di Imola”, vicenda che ho vissuto da vicino in quanto avvenuta nelle zone dove abito. La musica può ancora sensibilizzare l’opinione comune?

Gli esseri umani non possono fare a meno di umanizzare ogni cosa, compresi gli animali. Nel male ti porta a vedere un orso come un codice, come un problema per la nostra continua espansione e quindi per la nostra salvaguardia. Nel bene ci vedi “Papillon”, come Steve McQueen nell’omonimo film, un mitologico maestro della fuga. Ma è sempre un processo di umanizzazione che attribuisce all’animale qualcosa che non è suo, è nostro, cioè umano. La verità è che siamo molto lontani dalla natura e non riusciamo a tornarci. Possiamo però trattarla meglio, e forse accorciare le distanze. La musica ha questo potere, avvicina. Con le sue onde sonore può avere un impatto fisico e spirituale allo stesso tempo. Accende la sensibilità, ma bisogna essere anche disposti ad accoglierla.

Tu fai parte di quella schiera di cantautori impegnati, sempre più rari, quanto è difficile mantenersi su questa linea nel mondo musicale contemporaneo?

Io mi sento un cantautore indipendente. Quindi da questo punto di vista, non avendo obblighi contrattuali discografici, direi che sono decisamente disimpegnato, almeno rispetto ad altri e altre. La forza di essere indipendente è che posso cantare quello che voglio e che posso. In questo momento storico ci sono persone e movimenti pieni di energia che valorizzano inclusione ed equità sociale, che credo meritino ascolto e partecipazione. Penso sia naturale che la musica esplori quella spinta.

Ti ricordi quando hai scritto la tua prima canzone e cos’hai pensato quando l’hai riascoltata?

La ricordo perfettamente. Piena adolescenza. Già allora come adesso sono contento di essere stato l’unico al mondo ad averla sentita. Per fortuna non esistevano i social. A volte l’oblio può tornare utile.

Le sette storie che racconti in questo album sono storie che, vista la tua formazione cinematografica, mi piacerebbe molto vedere in una trasposizione su un grande schermo o in un teatro, ci hai pensato?

Prima che arrivasse la pandemia io e Gli Internauti stavamo lavorando a un concept album sull’assenza del mare e sul rapporto tra esistenza reale e digitale (il nome della band è nata dal titolo di una delle canzoni). L’idea era di creare uno spettacolo musicale da portare a teatro, anche con proiezioni video. Avevamo anche già pensato di organizzare un tour nei teatri di periferia, e dove ancora resiste una programmazione artistica che non sia solo di forma. Spero che ci rimetteremo mani e testa su questo progetto molto presto. Per quanto riguarda il cinema, insieme a “Fuoricampo” uno studio cinematografico torinese con cui collaboro da molti anni, stiamo lavorando alla trasposizione video di “Briciola”, l’ultima traccia dell’album, come un vero e proprio cortometraggio. Sarebbe bello vederlo su grande schermo.

Hai in previsione qualche esibizione live?

Sicuramente la presentazione dell’album a Torino il 15 ottobre, al Magazzino sul Po, all’interno della rassegna Indiana OFF di Indiependence, l’etichetta che ha creduto nel nostro progetto e che fa resistenza culturale a Torino da diverso tempo. Poi il piano è prendere la chitarra, e magari la macchina che ormai è parte integrante della mia attività creativa, e girare un po’ l’Italia per suonare l’album.

Grazie mille per il tuo tempo, vuoi aggiungere qualcosa per chiudere l’intervista?

Voglio ringraziare te e Tuttorock per l’opportunità di questo spazio e per il tempo che state dedicando a me e alla mia musica. Grazie!

MARCO PRITONI

Band:
Nicolò Piccinni: voce, chitarra classica e acustica
Francesco Cornaglia: batteria e percussioni
Michael Pusceddu: basso elettrico
Gabriele Prandi: chitarra elettrica, classica e acustica
Angelo “Errico Canta Male” Mossi: synth, tastiere, chitarra elettrica e voce

Federico Bertaccini: ambientazione e suoni

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