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“FERITE” – IL NUOVO DISCO DEI DEMAGO’, ROCK BAND UMBRA

“FERITE” – IL NUOVO DISCO DEI DEMAGO’, ROCK BAND UMBRA

Abbiamo raggiunto i Demagò, band umbra tutta da seguire: energia, grande sound, potenza, grinta, raffinatezza. Li avevamo conosciuti in concomitanza del singolo “Il Mio Demone”, brano che ha anticipato il nuovo disco Ferite, in uscita venerdì 19 marzo, distribuito da (R)esisto. I Demagó sono un gruppo formatosi nel 2013 a Città di Castello (PG), dall’idea di Carlo Dadi (chitarra), Moreno Martinelli (chitarra) e Emanuele Bruschi (voce). Successivamente, nel tempo, si sono susseguiti vari componenti all’interno del progetto artistico che hanno contribuito al percorso. Oggi la “line-up” di cinque elementi vede anche Marco Signorelli (batteria) e Luca Moscatelli (Basso).
Li abbiamo intervistati per Tuttorock.

Come nasce la vostra band, come vi siete incontrati e dati il nome? Cosa vi unisce, oltre all’amore per la musica?
Il nome deriva da un famoso bar parigino, “Les deux magots”, frequentato spesso da poeti maledetti quali Charles Baudelaire e Arthur Rimbaud e soprattutto da Jim Morrison, una delle nostri fonti di ispirazione, soprattutto nel suo ultimo periodo vissuto in Francia. Abbiamo cercato di “italianizzare” il nome ed è venuto fuori appunto “ Demagó”. Inoltre, “Les deux magots” significa “due maghi”, che potrete ritrovare nel nostro logo in forma stilizzata. Diciamo che la passione che accomuna in assoluto tutti è la musica, ci sono poi interessi che accomunano alcuni di noi che vanno dalla letteratura, al cinema, ai viaggi e allo sport. Anche un buon bicchiere di vino trova d’accordo tutti. A parte gli scherzi, negli anni si è creato un rapporto molto profondo tra di noi, che va oltre la musica e il suonare insieme. Siamo molto legati.

Parliamo del singolo “Il mio demone” che anticipa l’EP “Ferite”. Come nasce?
La canzone nasce in uno dei vari momenti di smarrimento interiore che si incontrano durante la vita. Il mio demone è sicuramente un pezzo in larga parte autobiografico ma che credo si possa allargare ad ogni persona. Non c’è un demone in particolare a cui fare riferimento, sono tante zone d’ombra e momenti di inquietudine interiore a cui spesso non si riesce a dare un nome. Quello che possiamo fare, ed è questo il senso più profondo del singolo, è imparare piano piano a riconoscere i propri fantasmi e affrontarli. Essere disposti anche a sprofondare negli abissi se ciò è necessario per vedere la tua anima e iniziare la risalita. Credo che fare questo sia il primo passo per ritrovare la luce e andare nella direzione giusta.

Qual è la vostra esigenza creativa?
Riuscire a comunicare, attraverso i testi e la musica, quello che abbiamo nel profondo e cercare di donare ai pezzi e al pubblico una parvenza di vera verità. Non so se sempre ci riusciamo ma dedichiamo molto tempo a cercare le parole e gli arrangiamenti giusti, e ci sforziamo il più possibile di non risultare autoreferenziali. Sentiamo l’esigenza di essere sinceri, con noi stessi e con le persone che ci seguono.

La scrittura di oggi, dei giovani artisti e cantautori, è fatta di immagini brevi e intense? Vi ci ritrovate?
Non necessariamente. Sicuramente c’entra il fatto che alcuni di noi sono un po’ più “anziani” anagraficamente e quindi hanno vissuto in maniera meno impattante l’avvento “liquido “dei social, di Spotify e delle canzoni che devono riuscire a fare “centro” essenzialmente nei primi 30 secondi. In questo contesto chiaramente si punta molto su immagini brevi ed intense ed è sicuramente una prospettiva interessante (riguardo questo nuovo modo di scrivere, non a proposito dei 30 secondi) anche se noi più spesso tendiamo ad avere, soprattutto nei testi, molte parole che spingono e che vogliono il loro spazio. L’incontro con la “R(esisto)” distribuzione è stato molto importante e ci ha permesso di trovare il punto di incontro tra la nostra necessità di far emergere il nostro lato più cantautorale e “classico”, se così si può definire, con una nuova visione musicale più al passo con i tempi. Siamo molto felici dell’incontro e del risultato che ne è conseguito.

Quanta libertà e quanta legge di mercato c’è in quello che scrivete, ossia, quanta libertà ma anche fatica nell’essere indipendenti?
Devo dire la verità, siamo stati molto fortunati a trovare un’etichetta come la (R)esisto e uno studio come il Natural Headquarter di Ferrara che è una sorta di monumento per la musica indipendente, essendo di Manuele Fusaroli (noto produttore del panorama indie italiano). Lì sono stati registrati “Andate tutti affanculo” dei Zen Circus e, proprio dopo di noi si preparava ad entrare in studio Pierpaolo Capovilla, giusto per citarne alcuni. Dico questo perché il loro approccio lascia molto spazio alle idee degli artisti e non spinge a trovare strade per forza più commerciali. Il nostro produttore, Michele Guberti, insieme a Manuele Fusaroli, ci ha e ci hanno aiutato e indirizzato verso la strada che volevamo percorrere donandoci tutta la loro esperienza e professionalità e si sono messi al “servizio” della nostra musica. Questo è stato fondamentale per noi. Quindi posso senza dubbio affermare che non c’è molta legge di mercato in quello che scriviamo. Abbiamo anche all’attivo un disco autoprodotto chiamato “Linea di Confine,” uscito nel 2015. Certo essere indipendenti ti dona meno visibilità rispetto ad una major, c’è tutta una serie di difficoltà enormi a cui far fronte come per esempio trovare sempre date live ed entrare nei circuiti giusti. La cosa importante è trovare persone come le abbiamo trovate noi, il resto lo scopriremo lungo la strada.

Quanto mancano live e contatto con il pubblico?
E’ in assoluto la cosa che ci manca di più. Siamo una band che trova nei live la sua dimensione ideale ed è quello il posto in cui tutto quello che facciamo assume un senso ancora maggiore. Abbiamo aperto dei tour importanti come quello di “Roy Paci” e dei “Pinguini tattici nucleari” e nel tempo ci siamo ritagliati un nostro spazio e un nostro pubblico. E’ davvero frustrante non poter condividere tutta l’energia e l’adrenalina che abbiamo in corpo, specialmente ora che uscirà il disco.( “Ferite” esce proprio venerdì 19 marzo). D’altronde viviamo un momento complicato e bisogna aspettare che l’emergenza sanitaria passi, è la cosa più importante. Speriamo che tra qualche mese si riuscirà ad organizzare qualche evento live.

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Alessandra Paparelli