“PANDORA PLAYHOUSE” – SANANDA MAITREYA CHE NON E’ PIU’ TEREN …
Lo ricordiamo con tanti brani di successo, come Sign Your Name, il brano che portò al successo nel 1987 Terence Trent D’Arby, artista di New York davvero pregiato ma ora quel nome non esiste più. Dal 2001 al posto di Terence c’è solo e soltanto Sananda Maitreya. Una grande emozione partecipare alla sua conferenza stampa e intervista. L’artista che arrivò al successo con l’album Introducing The Hardline According to Terence Trent D’Arby non solo ha cambiato il nome definitivamente ma anche e identità, la casa discografica e il suo approccio alla musica, come lui stesso ha detto in conferenza stampa “più libero”.
Nell’album sono presenti alcuni brani dedicati a personaggi e artisti internazionali, importanti, che Sananda ha avuto modo di incontrare in alcuni anni della sua vita; in particolare l’attore Rod Steniger, vera leggenda del cinema (The Ballad Of Rod Steiger), narratore delle storie leggendarie sull’età dell’oro di Hollywood; Smokey Robinson (The Ballad Of Smokey Robinson) definito da Bob Dylan il più grande poeta in America; un omaggio incredibile a un uomo che ha avuto parole delicate e di apprezzamento, di stima, nei confronti di Sananda alla fine degli anni ’80, quando si incontrarono. Non manca anche l’omaggio a Prince (Prince!), una canzone strumentale per onorare la vita artistica e umana del suo amico e mentore. Una forza trainante, la sua voce, la sua grande e forte personalità, il rock che si mescola sapientemente a sfumature soul ma anche R&Blues.
Un artista raffinato, profondamente spirituale:
Parliamo del suo nuovissimo progetto artistico, l’album Pandora’s Playhouse, ispirato e registrato completamente in lockdown nel suo studio di Milano, dove ormai vive da più di dieci anni (“Milano è una città fantastica, piena di arte e creatività, città in cui ho sviluppato la mia artisticità e libertà”) e pubblicato da TreeHouse Publishing.
Molte le domande di noi giornalisti, conduttori speaker radiofonici, colleghi presenti. Il nuovo album è il dodicesimo lavoro discografico in cui ancora una volta l’artista si ispira alla mitologia greca tanto è vero che Pandora’s Playhouse potrebbe definirsi “l’ultimo anello di congiunzione del suo percorso con Angels and Vampires nel 2007”.
Il doppio album di inediti interamente scritto, suonato, prodotto e arrangiato da Sananda Maitreya, eccezione fatta per le collaborazioni con Irene Grandi (Time Is On My Side), la band australiana The Avalanches & Vashti Bunyan (Reflecting Light) e Antonio Faraò (Pandora’s Plight), è stato preceduto dall’uscita del singolo In America, brano che – secondo l’artista – inquadra le contraddizioni, il caos, la corruzione e la confusione, la divisione ma anche i contrasti e la dannazione – come anche la brutalità repressiva dilagante – presenti negli Stati Uniti.
Come nasce “In America”, brano di denuncia della situazione attuale? Quali sono le contraddizioni o le maggiori difficoltà che gli Stati Uniti vivono?
“Ci sono cose e situazioni che apprezzi, come outsider, della cultura in cui vivi. Ora sono in Italia, vivo a Milano da dieci anni, ho imparato ad accettare l’America per com’è perché non sono costretto a viverla – spiega l’artista in collegamento Zoom con i giornalisti – purtroppo, l’America è complessa, è soggetta ad apparire in un modo molto negativo; uno dei motivi maggiori e attuali è il problema del razzismo, il modo in cui è stato gestito”
Si guarirà mai dal razzismo?
“Guarire in America dal razzismo, se mai fosse possibile, sarebbe qualcosa di molto difficile e complicato, qualcosa che impedisce a una comunità di evolversi grazie alla meritocrazia. Ogni comunità ha il diritto di accogliere le persone che vengono da fuori, tutte le culture devono crescere in un clima di condivisione ed essere in grado di progredire e avere opportunità in un’atmosfera possibilmente amichevole”.
Se nel 2017 fu la volta dell’album Prometheus & Pandora, ora ritroviamo nel titolo solo la prima donna “scesa sulla Terra per volere di Zeus”. Prometeo anche se non è citato nel titolo del suo ultimo lavoro, esiste ancora, resta, è sempre presente nel filo conduttore o nell’idea comune, se vogliamo.
La trasformazione di Sananda consiste nel progetto di libertà personale, e come ci ha spiegato quello di “non seguire gli schemi che l’industria discografica e le major impongono all’artista, ma in particolare il non rispettare quelle che possono essere le aspettative del suo pubblico”.
Sananda Maitreya ha rinunciato a queste strutture (e sovrastrutture) per seguire la sua vera vocazione e il suo desiderio di libertà. Come ci ha riferito in conferenza stampa “ Occorre sfatare il mito che l’artista non abbia limiti. Personalmente, mi sono messo nella posizione di non averne, ma poi sono io stesso a pormeli. Mi sono imposto una struttura e cerco sempre, quando creo e mi appresto a registrare un nuovo progetto, di rientrare in quello che mi sono prefisso, in precedenza”.
Terence Trent D’Arby non esiste più e non lo nominiamo mai, rispettando la sua volontà:
“Quello che ho lasciato alle spalle” – continua l’artista – è l’idea di un preconcetto su ciò che la mia musica dovesse diventare, poter lasciare fuori qualsiasi tipo di distrazione esterna e focalizzarsi, concentrarsi, su quello che sentivo per la mia musica”.
La spiritualità, tema molto caro all’artista: un po’ di sana consapevole follia e tanta profondità.
“Non vedo la spiritualità come qualcosa che io vivo ma come qualcosa che c’è nella mia vita. Non è una filosofia ma è un modo in cui affronto ogni giorno giorno la mia vita sia come artista che come persona. È necessario essere il più onesti possibile con l’essere consci di essere un po’ fuori di testa”.
Alessandra Paparelli
Alessandra Paparelli speaker e conduttrice radiofonica, collabora e lavora con diverse riviste e giornali cartacei. Conduco il venerdì un programma di politica su RID RADIO INCONTRO DONNA 96.8 fm su Roma e nel Lazio. Scrivo e collaboro sul quotidiano in edicola La Notizia, pagina culturale, attualità, spettacolo (in edicola a Roma, Milano e Napoli).