DAVID ZULLI – 2Q20 IL NUOVO PROGETTO DEL CANTAUTORE MILANESE
E’ uscito il 1 dicembre scorso “2Q20” (due cu due zero), il nuovo album e progetto artistico del talentuoso cantautore polistrumentista David Zulli. L’album è stato anticipato dal brano Lo specchio della città, in distribuzione digitale e in rotazione radiofonica e contiene 13 brani in formato digitale con Believe Digital e su vinile con l’etichetta CRYTMO Records e The Beat Production Srl. Un lavoro interessantissimo con tematiche attuali e preziose sensibilità. Questo nuovo progetto “si è composto pian piano, un pezzo dopo l’altro” – ci racconta nell’intervista David Zulli – “anche grazie al prezioso apporto di Francesco Forni che ha saputo intercettare, incanalare e stimolare determinate energie nel pieno rispetto del messaggio di fondo che desideravo trasmettere”. “2Q20 ha impiegato due anni e mezzo a compiersi, due anni e mezzo di fatiche e pianti, ma anche di grandi soddisfazioni” – come ci racconta nell’intervista l’artista milanese di nascita e romano d’adozione.
“Lo specchio della città” è il tuo nuovo singolo che ha anticipato l’album: a chi ti rivolgi nel singolo e qual è l’idea comune dell’album? C’è un filo conduttore?
Di 2Q20, “Lo specchio della città” è il brano che apre le danze, in tutti i sensi: è stato, come giustamente hai scritto tu, il primo brano che ho scelto di fare uscire, lo scorso 20 ottobre, ed è anche la prima traccia del disco, che è poi uscito il 1 dicembre. “Lo specchio della città” tratta e indaga, con ironia e disincanto, di quel malcostume diffuso, a Roma ma non solo, di maltrattare con noncuranza la città, abbandonando i rifiuti (ingombranti e non) selvaggiamente per le strade, nei pressi (ma fuori) dai cassonetti, e più in generale ovunque non vada fatto. Si rivolge (e mi rivolgo) a tutti noi: a me stesso e agli altri, a chi “si comporta bene” e a chi non lo fa, per porre un accento. Non credo che il brano cambierà il mondo o sensibilizzerà qualcuno, ma almeno se ne è parlato e se ne parlerà un po’.
E’ un disco bivalente, fatto di dualismi, e che si nutre di suggestioni e forze che stanno dall’altra parte, in una dimensione parallela, oscura e per certi versi pericolosa, ma vista come soluzione e spazio di libertà, intimo e personale. Sensazioni e pensieri nel momento del silenzio… e del frastuono. E come ho detto più volte, lo fa con Murakami nel taschino, che a livello di suggestioni ha molto influenzato questo lavoro.
Sei molto sensibile al tema ambientale ma soprattutto al senso civico. Nelle nostre città, Roma per prima, è scomparso o quasi il senso civico e il rispetto per l’ambiente?
Sì, è un tema che mi sta particolarmente a cuore e provo rabbia e sbigottimento quando vedo con quale semplicità molte persone mettano in atto comportamenti poco virtuosi. E qui non si tratta del rispetto della legge, ma di rispetto degli altri, delle persone e degli spazi, di regole non per forza scritte e che la mia ingenuità mi fa credere ovvie. Ma non sono d’accordo sul fatto che sia scomparso: è che siamo tanti, troppi, e per la legge dei grandi numeri, aumentano anche i maleducati, i prepotenti, i prevaricatori, ecc… e quindi i comportamenti poco virtuosi. E poi è tutto documentato e documentabile, quindi – in questo senso fortunatamente – più alla portata di tutti. Il problema semmai è che c’è una disabitudine generale e generalizzata a farsi carico di problemi che non riguardano il nostro piccolo orticello. Ma forse una volta era pure peggio: da un po’ di tempo a questa parte se ne sta parlando è c’è più sensibilità sull’argomento.
La tua canzone è lo specchio della città, specchio dei cittadini? Trasmettere il tuo messaggio in modo corretto è una progettualità interessante, sapranno recepire?
Sì è così, ma ecco, in fondo è solo una canzone. E’ vero, ho voluto “documentare” in parole e musica un comportamento “sbagliato” e fastidioso, che è delle persone, non della città in sé, e di conseguenza il mio fastidio rispetto a quel malcostume, ma non c’è una vera e propria progettualità.
Non vorrei alla fine passare per il cantautore moralizzatore o baluardo di rettitudine. Parliamo di una canzone fra le altre. E no, non solo non credo, sono certo che non sapranno recepire.
Sono troppo disilluso e sfiduciato rispetto alla razza umana per credere che certi comportamenti sappiano modificarsi per una canzone. Più probabilmente, chi si comporta “bene” continuerà a comportarsi bene e chi si comporta “male” continuerà a comportarsi male, ammesso che male e bene abbiano una qualche valenza oggettiva.
L’ironia è una grande arma: ci può salvare?
Beh, sì! L’ironia – e l’auto-ironia – sono necessarie e fondamentali. Per me imprescindibili. Quindi sì, non so bene da che cosa, ma da qualcosa, da qualche parte nello spazio e nel tempo, ci salvano sicuramente.
Hai recentemente detto che il tuo disco è pieno di “quando” e di “come”, mentre i “se”, impliciti: spieghiamolo ai lettori e lettrici
Che sia pieno di “quando” diventa immediatamente evidente a chiunque si trovasse anche solo a leggere i titoli delle canzoni – 13 più una reprise – che compongono 2Q20: abbiamo ben sei “quando”. Ammetto di averlo fatto anche un po’ apposta. Sempre nei titoli c’è un solo “come”, ma andando poi a leggere i testi, in particolare quello di “Ieri sera ho visto Paz”, ecco che iniziano a diventare tantini pure quelli. E invece di “se” non ce ne sono esplicitati, ma è un continuo, sentito e approfondito dialogo interiore su quello che succede “se”, rispetto a certe suggestioni, esterne e interiori, reagisco e agisco in un certo modo.
In questo senso sono impliciti e questo è un po’ il senso.
Hai al tuo attivo una lunga carriera e molte collaborazioni. Ti chiedo: quanta fatica per la musica indipendente e un tuo pensiero sulla chiusura dei luoghi di cultura, teatri e sale cinematografiche
E’ una tragedia nella tragedia, che altro dire. Già è complicato normalmente fare musica e, più in generale, arte, in particolare se in forma indipendente, libera e “non convenzionale” (che poi l’arte dovrebbe essere per definizione libera e “non convenzionale”).
Anche se a questo dovremmo un po’ tutti essere preparati: è così da secoli, molti artisti che oggi sono universalmente riconosciuti, hanno vissuto nell’anonimato e sono morti poveri e in solitudine, salvo poi essere riconosciuti o rivalutati post mortem. Fa parte del gioco, purtroppo. Fatto sta che non è semplice.
In questo mi sento e sono – in parte – fortunato e privilegiato: ho sempre bazzicato la musica e l’arte come divertimento e passione, mentre la mia fonte di guadagno è sempre stata altra. Semmai con la musica ho sempre sperperato i pochi soldi guadagnati.
Rispetto al fatto che abbiano chiuso tutto, non riesco ad avere una posizione netta: da una parte penso sia facile parlare, altra cosa è dover prendere decisioni e fare scelte.
Detto questo, credo anche che una maggior tutela del settore sarebbe stata e sarebbe auspicabile.
Ritengo giusto – aihmé e ahinoi – non consentire i concerti, il pericolo c’è ed è reale.
Forse si poteva osare di più con i teatri e con i cinema. E’ pur vero che io per primo e a prescindere dai divieti, ora come ora non penso che ci andrei, né a teatro, né al cinema.
Ad ogni modo, se penso a molti amici e colleghi del settore, ecco, un po’ mi manca l’aria.
La musica, come molti settori, è in grande crisi. Cosa ti auguri per il futuro? Perché fare cultura è così difficile nel nostro Paese?
Domanda complicata, ma ci provo…Parto dal fondo: credo sia sostanzialmente una questione di… cultura – scusa il gioco di parole. Viviamo in un paese che vive (altro gioco di parole!) di luce riflessa, quella delle meraviglie del passato, del quale però stiamo perdendo un po’ la memoria. E, a livello di masse, a un certo punto ci siamo scoperti inadeguati. Non più capaci di capire e coltivare la bellezza, se non come fenomeno di nicchia e marginale.
Inoltre viviamo un’epoca di comunicazione sempre più spiccia e poco approfondita, di scarsa valorizzazione delle competenze, di consumo usa e getta esasperato e di interessi sempre più privati.
L’era digitale poi non ha mantenuto la meravigliosa promessa di condivisione e libera espressione con cui si era imposta soprattutto sul finire degli anni ’80 – non tanto lei, quanto l’uso che se ne è fatto, perché poi le responsabilità sono sempre dell’essere umano – con il risultato che tutti oggi, sui social, possiamo dire tutto e il contrario di tutto senza far breccia da nessuna parte, se non con argomenti estremamente frivoli, esasperatamente edonistici e individualisti. O con bugie clamorose. Il linguaggio si è impoverito e con esso la capacità critica delle persone. Questo ha esaltato non già l’approfondimento e la reale condivisione, quanto piuttosto le contrapposizioni e lo scontro tra gli individui.
E aggiungerei, con sempre meno personaggi cardine – maestri veri, gente di reale spessore – a fare da guida e da veicolo al nostro libero pensiero. Anzi, piuttosto, sono sbocciati un po’ ovunque pagliacci d’ogni sorta a cavalcare gli istinti più beceri dell’animo umano (non che in passato non ci fossero, ma ogni epoca ha i suoi propri lati oscuri).
L’arte – quindi la musica – ha finito per essere parte di questo corto circuito e ne ha subito, inevitabilmente, gli effetti nefasti.
E, sempre parlando di musica, credo che la possibilità di avere tutto a portata di mano e gratuitamente, che ci sembrava così bella all’inizio, abbia invece avuto il pessimo effetto di privare l’opera di valore e importanza, e abbia affossato clamorosamente il mercato discografico, a vantaggio di pochi.
Per non parlare dell’atteggiamento delle radio mainstream… ma qui mi fermo.
Dal futuro, visto lo scenario, non è che mi aspetti grandi cose o un cambio di rotta. Non so neppure se sia giusto pretenderlo. Mi piacerebbe, indubbiamente, ma mi sento sinceramente inerme e inadeguato…
Progetti prossimi, Covid permettendo?
Purtroppo a causa del Covid e delle scelte fatte per contrastarlo, ci sono ben poche cose permesse nel nostro settore e soprattutto al momento non si intravede la luce in fondo al tunnel. La realizzazione di 2Q20 è stata lunga e faticosa, e, rispetto ad altri e nuovi progetti, rifiatare un po’ mi serve. Ora l’obiettivo è farlo conoscere il più possibile. In questo senso e più in generale mi piacerebbe, come a tanti di noi (cantanti, musicisti, artisti), tornare a esibirmi e tanto dal vivo e chissà ancora per quanto questo non sarà possibile. Vivo (e viviamo) un tempo sospeso che non offre molto spazio alla progettualità e alla programmazione. Quindi, attendo tempi migliori.
Nel frattempo sfrutterò i social per rompere le balle a tutti con 2Q20, cosa che non amo fare ma che è necessaria.
E magari… scriverò altre canzoni.
La natura ci ha donato tanto, ora tocca a noi salvarla dal disastro: c’è speranza, secondo il tuo parere e sensibilità sull’argomento?
Come accennavo in un’altra risposta, rispetto all’ambiente trovo ci sia crescente sensibilità e attenzione, anche a livello globale. Vanno modificati, e in parte il meccanismo è in atto, certi modelli di sviluppo.
E resto convinto che l’atteggiamento e il comportamento dei singoli individui possa fare la differenza.
Da questo punto di vista purtroppo non riesco a essere troppo ottimista, quantomeno nel breve periodo. Spero di sbagliare, ma credo poco nel buon senso delle persone.
Bisognerebbe essere tutti un po’ più predisposti alla rinuncia, che poi a ben vedere spesso si traduce in conquista di qualcos’altro: salute, fisica e mentale, spazi liberi e uno sguardo alle stelle. Purtroppo la verità è che il profitto e gli interessi privati finiscono per contare più di tutto il resto, e quasi mai questo è conciliabile con la Bellezza.
Alessandra Paparelli
Alessandra Paparelli speaker e conduttrice radiofonica, collabora e lavora con diverse riviste e giornali cartacei. Conduco il venerdì un programma di politica su RID RADIO INCONTRO DONNA 96.8 fm su Roma e nel Lazio. Scrivo e collaboro sul quotidiano in edicola La Notizia, pagina culturale, attualità, spettacolo (in edicola a Roma, Milano e Napoli).