KEEMOSABE – Intervista alla band
In occasione dell’uscita del nuovo singolo “THE LIGHTS GO DOWN” ho intervistato la band KEEMOSABE.
Ciao ragazzi e piacere di avervi sulle pagine di Tuttorock, volete cominciare a raccontarci come è nata la vostra band e da che ascolti provenite?
Buongiorno a voi, il piacere è tutto nostro! Certo. La nostra storia è cominciata in modo abbastanza casuale: Alberto (frontman) e Sebastiano (batterista) erano appena ritornati in Italia dopo due anni a New York, in cui avevano avuto l’occasione di studiare con alcuni dei più grandi musicisti Jazz al mondo e soprattutto si erano esibiti con artisti dei generi più disparati, dall’Hip Hop, al Funk, alla Samba e Afro-Cuban. Desiderosi di ritornare alle radici e fondare una band, complice la scadenza del loro visto lavorativo, si sono ristabiliti sul Lago Maggiore, loro terra natia, trasformando una vecchia casetta nel bosco in un home studio. Questo luogo è diventato presto il punto di ritrovo di tanti musicisti locali, e durante una jam notturna si sono trovati nella stessa stanza con Andrea (tastierista) e Pino (bassista). È scattato subito qualcosa e nel giro di pochi giorni erano nati i KEEMOSABE. Siamo tutti molto affezionati a quella casa nel bosco, che ancora oggi è il nostro quartier generale, dove componiamo e svolgiamo la maggior parte delle nostre attività.
Keemosabe cosa significa? Come avete scelto questo nome?
Significa “fratelli da madre diversa” in lingua Comanche (tribù Nativa americana). Un po’ come la formazione della band, è stata una scelta molto naturale e non particolarmente calcolata. Sicuramente è legata al fatto che abbiamo speso tutti i nostri primi mesi insieme immersi nella natura di questi boschi del novarese, e il nome è senza dubbio un omaggio ad una cultura, quella degli indiani d’America, che rispettava e venerava il mondo naturale a loro circostante. Pur essendo noi molto lontani da quel tipo di cultura e tradizioni, ne abbiamo enorme rispetto e crediamo che tanti di quegli stessi principi porterebbero enormi benefici se applicati dal moderno uomo occidentale.
Avete iniziato subito alla grande, parliamo di Londra e degli Abbey Studios, come è nata questa occasione e che esperienza è stata?
Siamo persone alla costante ricerca di stimoli e cambiamento e la scelta di trasferirci a Londra è avvenuta poche settimane dopo la creazione del progetto. Londra è stata casa nostra per più di un anno, permettendo di esibirci ovunque in giro per la città, toccando con mano la cultura e la preparazione musicale di un Paese che è molto legato alla musica live. La ciliegina sulla torta è arrivata quando abbiamo completato una campagna di crowdfunding e i nostri fan ci hanno regalato il sogno di registrare il nostro primo EP negli studi più leggendari di sempre. È stato qualcosa di unico e che ci mette ancora i brividi. In più, la notte prima del nostro ritorno in Italia, con l’appartamento già svuotato e le valigie fatte, siamo stati invitati a esibirci live nello Studio 1 degli Abbey Road Studios, un’emozione indescrivibile!
Da lì è venuto fuori anche il video di Out of the city, vincitore al Roma Videoclip Awards; molto bello anche il video di The lights go down, anche se segue un percorso completamente diverso, comunque le bellissime donne non mancano nei vostri video.
Grazie mille! Mancando una donna all’interno del gruppo, ci piace l’idea di utilizzare figure femminili come muse ispiratrici della nostra musica. Non a caso anche la cover del nostro nuovo singolo è una “musa” disegnata in 3D da Francesco Curci e Walter Pirone, ma questa è una storia che vi sveleremo meglio con l’uscita dell’album.
Attribuite molta importanza al visual e come vi ci approcciate?
A nostro avviso, un appassionato di musica nel 2020 non è solo un ascoltatore: vuole vivere un’esperienza a 360 gradi, che includa più aspetti sensoriali possibili. Proprio per questo noi diamo parecchia importanza ai visual, perché sono un ottimo tramite per raccontare di più riguardo ad un brano o un messaggio che si vuole trasmettere. Come dicevi tu, il videoclip di The Lights Go Down si discosta molto dal nostro ultimo di Out of the City pt.1, proprio perché ogni canzone racconta una storia a sé ed è giusto dedicarle contenuti visivi che si sposino bene con ciò che è il background del brano stesso. Ovviamente, a causa di budget ristretti di noi artisti emergenti, è spesso difficile far coincidere l’idea concettuale con il risultato finale, ma abbiamo la fortuna di poter lavorare con registi straordinari come Rodolfo Gusmeroli e Lamyna Directors, che anche con pochissimo a disposizione riescono sempre a massimizzare l’esito finale del prodotto.
All’interno della band avete ruoli definiti e diversi nella creazione e realizzazione di un progetto?
Assolutamente sì, abbiamo una “catena di montaggio” ben collaudata in cui ognuno mette a disposizione ciò che sono i propri talenti a servizio della band. Sarebbe stupido pensare di poter fare tutto da soli, considerando la miriade di mansioni da svolgere dal momento in cui nasce l’idea per una canzone fino all’uscita ufficiale del brano stesso. C’è chi si occupa di scrivere testo e melodia, poi il brano viene sviluppato da tutti noi in sala prove, successivamente parte la ricerca del giusto produttore, il giusto studio, il giusto grafico e così via. Anche se siamo solo all’inizio della nostra carriera, cerchiamo sempre di avere un approccio molto professionale.
Passiamo alla parte musicale, ho sentito suoni molto moderni che mi richiamano un certo alternative inglese, con chitarre tirate e trama sempre tesa, come genere voi in quale filone vi sentireste di mettervi?
Assolutamente, ci fa piacere che tu abbia riconosciuto questi elementi perché sono la fonte d’ispirazione maggiore per questo brano. Ci piace definirci “Modern Rock” nel senso che cerchiamo di portare avanti ciò che sono i paradigmi di una band Rock, ma rendendoli più liquidi e malleabili insieme ad elementi di produzioni moderne e in generale influenze di altri stili musicali. C’è così tanto che vogliamo esprimere di noi stessi in musica che non abbiamo paura di rinnegare noi stessi e compiere una continua metamorfosi. Ora la creatura KEEMOSABE è incentrata principalmente su un sound che omaggia il Rock inglese, ma non escludiamo grandi cambi di scenario in futuro!
The lights go down affronta un tema molto forte, il trovarsi soli per ripensare a sé stessi e ripartire, come è nata l’ispirazione per questo brano e in generale da dove traete le idee alla base delle vostre canzoni?
L’idea del brano è nata dalla nostra esperienza diretta della quotidianità, e dal modo in cui cerchiamo ogni giorno di diventare esseri umani migliori. Come ti raccontavamo prima, siamo molto legati al nostro home studio nei boschi, perché ci obbliga a mettere in pratica certe abitudini che altrimenti, sommersi dalla montagna di informazioni e distrazioni della vita di tutti i giorni, non potremmo mai avere. Lì non abbiamo internet, non abbiamo gas, non abbiamo un bagno, il primo centro abitato è a chilometri di distanza, e per quanto sembri banale, queste condizioni avverse ci obbligano a ricercare in noi stessi un’essenzialità che sembra andata perduta nel caos del mondo in cui viviamo. Ora più che mai, in questo stop forzato dovuto al coronavirus, è necessario che ognuno di noi riprenda in mano la propria vita e faccia le sue considerazioni. Speravamo che questo brano potesse essere una luce in fondo al tunnel della quarantena, ma visti gli ultimi sviluppi, ci auguriamo che possa essere un contributo per sostenerci ancora, tutti insieme, perché prima o poi “le luci si spegneranno” anche su questa brutta disavventura che stiamo vivendo.
Ora siete dietro la preparazione del disco anticipato dal singolo, cosa possiamo aspettarci? A quel punto vi vedremo anche in tour?
Dopo questo primo singolo, che arriva dopo più di un anno dall’ultimo release, vi terremo compagnia con altri nuovi singoli, estratti dal nostro album in uscita “Look Closer”. Non abbiamo ancora deciso una data ufficiale, ma siamo sicuri che entro la fine dell’anno lo potrete ascoltare nella sua interezza. Per quanto riguarda le date dal vivo, che sono il cuore pulsante del nostro progetto, purtroppo tutto è stato rinviato o annullato a causa dell’emergenza Covid-19. Stiamo però preparando un ritorno ai live in grande stile, grazie a Desio, un’azienda che prima di tutti ha creduto in noi e ha deciso di puntare sulla nostra musica. Sono parte attiva del nostro progetto, e con loro condividiamo una vision comune che parte proprio dalla volontà di trasmettere un messaggio più profondo riguardo alla ricerca della propria identità.
Ascolti interessanti al momento che vi piacciono e consigliereste?
In questa reclusione forzata stiamo ascoltando un po’ di tutto, da grandi classici come Kid A dei Radiohead, a MOMENTUM, nuovo album dei Calibro 35. Vi consigliamo però di dare un ascolto ai nostri “compaesani” Underwoods e Bluedaze, che come noi stanno tentando la missione impossibile di fare musica in inglese in Italia.
MAURIZIO DONINI
Band:
Alberto Curtis – Guitars & Vocals
Andrea Guarinoni – Keys & Guitars
Pino Muscatelli – Bass
Sebastiano Vecchio – Drums
https://www.facebook.com/keemosabe.band
CEO & Founder di TuttoRock - Supervisore Informatico, Redattore della sezione Europa in un quotidiano, Opinionist in vari blog, dopo varie esperienze in numerose webzine musicali, stanco dei recinti mentali e di genere, ho deciso di fondare un luogo ove riunire Musica, Arte, Cultura, Idee.